ROMA – Luigi Celeste ha vent’anni e vive con sua madre Licia e suo fratello Alessandro, i tre sono uniti da un legame profondo. Sono quasi dieci anni che nessuno di loro vede Franco, compagno e padre, che ha reso l’infanzia dei due ragazzi e la giovinezza di Licia un ricordo fatto di paura e prevaricazione. Luigi vive la strada e, alla ricerca di un senso di appartenenza e di identità, si unisce a un gruppo di estrema destra dove respira ancora rabbia e sopraffazione. Un giorno Franco torna, rivuole i suoi figli, rivuole la sua famiglia, ma è un uomo che avvelena tutto ciò che tocca e rende chi ama prigioniero della sua ombra. Familia, opera seconda di Francesco Costabile con Francesco Di Leva, Barbara Ronchi, Tecla Insolia, Francesco Gheghi e Marco Cicalese.
Il film, presentato in Concorso nella sezione Orizzonti di Venezia 81 – e al cinema con Medusa Film dal 2 ottobre – è tratto dal libro di memorie Non sarà sempre così – La mia storia di rinascita e riscatto dietro le sbarre di Luigi Celeste con Sara Loffredi (edito da Piemme, nel 2017). Una storia vera, quindi, fatta di povertà, emarginazione e violenza, ossessioni e frustrazioni, trasposta al cinema da Costabile che l’ha scelta come sua opera seconda dopo il folgorante esordio di Una Femmina di appena due anni fa. Quindi Familia, che si segnala da subito per un incipit di spessore tra immagini intime, violenza desunta e un fragile cuore familiare che vede i più piccoli unirsi e farsi forza dinanzi all’orrore dei grandi, offrendo al contempo una forte base drammaturgica.
Perché nel passato narrativo di Familia, Costabile pianta i semi di un presente che è, si, atto di denuncia (giustamente) impietoso nei confronti dei neo-fascisti, ma anche espressione tangibile dei segni, delle cicatrici, che una vita di dolore, violenza e repressione lasciano sul corpo e sullo spirito. E in questo l’opera seconda di Costabile riesce a porsi con un piglio quasi antropologico nel delineare caratterizzazioni compiute di agenti scenici danneggiati che vogliono amore ma che ne hanno paura quando lo ricevono. Vittime che non riescono a liberarsi del giogo oppressivo di carnefici manipolatori costringendosi in loop esistenziali di libertà accennata e mai veramente assaporata. E infatti è una narrazione angosciante-e-angosciosa, tesa e dal respiro corto quella disegnata da Costabile. A mancare, però, è la spontaneità in un racconto che cresce in maniera confusa e disorganica.
Il loop esistenziale degli stessi protagonisti traspare sino ad avvolgere Familia di svolte narrative spesso incoerenti che finisce con il quasi depotenziare le premesse stesse del racconto privandolo del pathos necessario a gestire tutte le componenti di un’opera così complessa, delicata e fragile. Compensano, però, le performance incisive di un Di Leva fisico e machiavellico e di una Ronchi speranzosa di vita. E se la Insolia è sempre più certezza dopo l’ottimo L’Arte della Gioia, anche in piccoli ma importanti ruoli di supporto come questo, è decisamente Gheghi la rivelazione e il nome da appuntare del buon film di Costabile. Un film da non perdere, Familia, da vedere e su cui riflettere.
- HOT CORN TV | Familia, una clip del film
- VIDEO | Qui il trailer del film:
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