MILANO – Da New York a Londra, dagli incontri occasionali e dalla mondanità al ritorno nella comunità ebreo ortodossa della periferia inglese. Proprio quella in cui la libertina Ronit Krushka, figlia del rabbino, è nata e cresciuta, quella da cui è scappata appena la libertà di scelta ha prevalso sulle imposizioni religiose, secondo cui una brava e fedele donna ebrea deve seguire i principi della Torah. Sposandosi, pregando, procreando. Cos’è Disobedience? Disobedience – in streaming su Prime Video – è la traduzione cinematografica di Disobbedienza (in Italia edito da Nottetempo), un romanzo del 2007 firmato dalla scrittrice inglese Naomi Alderman e diretto dal cileno Sebastián Lelio, già Oscar per Una donna fantastica.
Il film – nemmeno a dirlo – è la conferma ulteriore di un talento limpidissimo, straordinario, capace di fondere tutta la sensualità e la tensione erotica del cinema di Pedro Almodóvar con uno sguardo personale, visionario, dove i movimenti onirici della macchina da presa trovano una sinergia perfetta con le percussioni della colonna sonora di Matthew Herbert – altro compare del regista anche su Una donna fantastica – e combaciano con i corpi, i sospiri e i respiri delle emozionanti, meravigliose Rachel Weisz e Rachel McAdams. Disobedience diventa così una storia d’amor proibito, perduto e poi ritrovato, che per esistere deve nascondersi dall’ortodossia di un credo e di un’educazione restrittiva e frustrante, per la quale attrazione fisica, autonomia femminile e omosessualità sono sinonimi di scandalo.
Ormai adulte, Ronit ed Esti, amiche d’infanzia e amanti in adolescenza, si ritrovano per la morte di qualcuno a loro molto caro: non si tratta però di un vero lutto perché è il pretesto per riallacciare il legame con un sentimento reciproco interrotto, che la lontananza e il tempo hanno contribuito a tenere in vita ma che continua a essere considerato dalla comunità una trasgressione inaccettabile. Come nell’opera precedente, Lelio si sofferma sui dettagli dell’irrequietezza femminile, evidenziandone frustrazione e desiderio, ed è facilmente sostenuto dalla bellezza e dalle sfumature drammatiche di due delle attrici più intense degli ultimi vent’anni. E descrive il rigore di una realtà asfissiante e maschilista senza calcare la mano e tenendosi alla larga da prediche femministe, evidenziando anche la sensibilità dell’obbediente Dovid (Alessandro Nivola), amico di Ronit e marito di Esti, un uomo che non si ribella al destino già scritto ma che persegue il suo cammino di fedele senza barricare le uscite di sicurezza. Da vedere, assolutamente.
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