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Checco Zalone: «Tolo Tolo? Mostra cosa siamo diventati, tra egoismo e intolleranza»

L’Africa, la commedia italiana, De Gregori e l’attualità: l’attore e regista racconta il suo quinto film

Checco Zalone
Checco Zalone sul set di Tolo Tolo

ROMA – A quattro anni dall’incasso record – 65 milioni di euro – di Quo vado? Luca Medici, aka Checco Zalone, torna in sala il 1° gennaio – in oltre mille copie – con Tolo Tolo. Una commedia che lo vede debuttare alla regia, dopo la fine della felice e fruttuosa collaborazione con Gennaro Nunziante, e co-firmare la sceneggiatura insieme a Paolo Virzì. Una pellicola accompagnata dalle (immancabili e inutili) polemiche scoppiate dopo l’uscita del trailer di Tolo Tolo, tra prime pagine dei giornali e dichiarazioni politiche. E a chi gli domanda se il pubblico capirà il senso del suo film, Checco Zalone risponde così: «Cito De Gregori. Sono convinto che la gente sappia benissimo dove andare. “Quelli che hanno letto milioni di libri e quelli che non sanno nemmeno parlare”».

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Un’immagine del film postata dall’attore e regista su Instagram

LA REGIA «Dei giorni in cui mi sono sentito smarrito sul set? Piuttosto ci sono stati giorni in cui mi sono sentito trovato. Ero sempre smarrito tra agitazione, ansia e stress. È difficilissimo girare e avere la responsabilità di tutta la macchina e del cast. È stato davvero faticoso perché si è accanita anche la sfortuna. Ha piovuto nel deserto. Mi hanno detto che non succedeva da vent’anni. Sono state venti settimane dispendiose e durissime. Come attore, invece, guardo con estremo rispetto alla commedia italiana, da Dino Risi ad Alberto Sordi. Sempre con le dovute proporzioni, tento di procedere il quel solco seminato da loro».

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Luca Medici, aka Checco Zalone, sul set di Tolo Tolo

LA SCENEGGIATURA «Non abbiamo aggiornato la sceneggiatura in corso d’opera. Ad esempio, il personaggio di Gramegna (Gianni D’Addario, ndr) è rappresentativo dei nostri giorni con la sua escalation verso il successo. Un uomo che ricopre, ogni volta che lo vediamo, una carica superiore non è una metafora ma l’emblema di come vanno le cose oggi. Ha la carriera di Di Maio, è vestito come Conte e parla come Salvini: ho creato una sorta di mostro dei nostri tempi».

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Un’immagine del film

PAOLO VIRZÌ «Paolo mi ha chiamato dicendomi che aveva questo soggetto. Abbiamo iniziato a frequentarci e a scrivere insieme. Piano piano mi sono reso conto che glielo stavo rubando, che stava diventando sempre più mio. Ho costruito in scrittura insieme a lui il personaggio su di me. Poi, quando sono andato a girare, non dico di essermi pentito ma ho capito l’immensa difficoltà di questo lavoro in cui hai tutto in mano».

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Uno scatto del film postato da Zalone su Instagram

IL PROTAGONISTA «È incapace di guardare oltre i suoi piccoli problemi. Gli esplode una bomba accanto e lui pensa solo alle sue cose, tra ex mogli e tasse. Una scena grottesca che racconta quello che siamo noi oggi. Non lo dico alzando il ditino moralizzante. L’egoismo è congenito nell’uomo, purtroppo».

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Una scena del film

L’ACCUSA «Voglio togliermi un piccolo sassolino dalla scarpa. Qualcuno ha parlato di sessismo. Ma il personaggio di Idjaba (Manda Touré, ndr) è intenso. Io non l’ho spogliata e credo di aver regalato a Manda un ruolo interessante. È lei che ci porta in salvo e ci tenevo a sottolineare questo aspetto contro chi ha parlato di maschilismo e sessismo».

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Manda Touré è Idjaba

DOUDOU «Ero disperato durante i provini. Si presentavano questi bambini pariolini ricchissimi che emanavano borghesia. Un giorno, durante i sopralluoghi in Kenya, vedo questo bambino con gli occhi enormi che mi guarda e mi chiede qualcosa. Abbiamo iniziato a parlare e ho capito che Nassor (Said Biirya, ndr) era quello giusto. È eccezionale, ha una grande espressività e la capacità di rimanere calmo».

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Il piccolo Nassour è Doudou

L’INTOLLERANZA «Mussolini è stata una delle prime idee che ho avuto mentre scrivevo la sceneggiatura con Paolo. Immaginavo questo cretino che sentiva la sua voce in testa. Mostro l’intolleranza che viene fuori quando siamo in momenti di difficoltà. Mi ero ripromesso di non parlarne perché quando ti citi rischi di svilire tutto. La trovo la cosa più interessante e non ho avuto paura di inserirla nel film».

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Una scena del film

LE POLEMICHE «Il trailer non centra nulla con il film. Ci aspettavamo di destare polemica ma non di finire sulle prime pagine dei giornali o di diventare argomento di dibattito nei talk show. Francamente dopo tre giorni mi aveva già stancato e non ho più seguito. Con i social ogni commento è come avere un megafono. Magari le critiche arrivano da un esiguo numero di persone e i giornalisti ci creano la polemica attorno. Mi rendo conto che dal punto di vista della comunicazione sia più interessante. Ovviamente non ne ho sofferto e mi ha anche divertito. E poi, cinicamente, è stato anche un bel vantaggio pubblicitario».

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Qui potete vedere il trailer di Tolo Tolo:

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