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Babylon | Damien Chazelle, Brad Pitt e quando l’imperfezione diventa kolossal

Imperfetto, eccessivo, ridondante? Sì. Eppure potente, geniale e assolutamente da non perdere

Babylon
Stile impeccabile: Brad Pitt nel ruolo di Jack Conrad in Babylon.

MILANO – Per capire ed entrare dentro Babylon, il nuovo e mastodontico film di Damien Chazelle, bisogna necessariamente partire dalla fine. Nello specifico – senza fare spoiler – entrare nella parte del montaggio finale che vede protagonista assoluto Diego Calva, che nel film interpreta Manny Torres, in una sala stracolma di gente, mentre si commuove davanti ad un film ricordandosi del periodo in cui lavorava ad Hollywood. Immediatamente ci immedesimiamo in lui, siamo lui, siamo il Manny Torres spettatore e assistiamo ad un incredibile montaggio che cerca di riassumere la storia del cinema passando da Il Mago di Oz ad Avatar, il tutto in un crescendo accompagnato dalle musiche di Justin Hurwitz.

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Diego Calva in una scena di Babylon.

Dopo ben tre ore e nove minuti di film, al termine della fanfara, il risultato di quello che abbiamo visto è imperfetto. Imperfetto perché lo è il cinema, ma anche perché imperfetto è Babylon stesso, la cui narrazione inciampa a più riprese proprio perché racconta un’industria – un mondo, anzi – che delle imperfezioni seppe fare i suoi punti di forza. E poi perché imperfetto non significa brutto, anzi, e imperfetti sono gli eroi che compongono questa Babilonia, personaggi in cerca di riscatto e di una rivincita personale. Se La La Land si concentrava su una coppia di protagonisti nella Hollywood contemporanea, Babylon è un viaggio nel tempo alla fine degli anni ’20, in cui i protagonisti Jack e Nellie (Brad Pitt e Margot Robbie, meravigliosi) viaggiano su binari paralleli ambendo alla stessa meta: il successo.

Margot Robbie e le follie di Nellie LaRoy.

Quello che però non è affatto cambiato in quasi cento anni di Hollywood (anzi) è che non è facile ottenere il successo. La storia che racconta Chazelle lo mette in chiaro da subito (la babele nella tradizione cristiana indica un luogo di perdizione oltre che di gran confusione), premendo molto sull’assurdità della cosa: il riscatto è quell’elefante che all’inizio del film Manny Torres deve trasportare verso la villa in collina di un noto produttore, per una festa, e ha a disposizione solo un camioncino per farlo. Difficile ma non impossibile. E in effetti durante quella notte la vita di Manny cambierà radicalmente. Jack Conrad (Pitt) ha già la fama. È un noto volto del cinema muto che tutti e tutte vogliono, non importa se si presenta ubriaco e strafatto il giorno delle riprese.

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Brad Pitt, ovvero la star Jack Conrad.

Nellie LaRoy (Margot Robbie) invece il successo lo brama, cerca di cucirselo addosso fin dai primi istanti del film, anche utilizzando il suo corpo e la sua bellezza. Ma, soprattutto, la sua bravura. Manny sta nel mezzo di queste ricerche spinte esclusivamente da forme di egoismo: lui, il vero amante del cinema, sarà proprio quello che (paradossalmente) ci metterà più di tutti ad arrivare in cima. Resisterà anche all’arrivo del cinema sonoro, rispetto a Jack e Nellie, portandosi dietro con sé anche Sidney Palmer (Jovan Adepo), altro emarginato in cerca di successo che in Babylon rappresenta un po’ l’anima musicale, che è la componente più forte dei racconti di Chazelle, da Whiplash in poi. Il regista calca su una vena molto comica per inquadrare il tumultuoso caos della Hollywood anni ’20 in cui si muovono i personaggi.

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Jovan Adepo nel ruolo del musicista Sidney Palmer.

La ripetizione di alcuni sketch non funziona spesso, ma rende chiara la confusione di quel periodo. Non tutti spiccano in questa cornice forse proprio perché risucchiati e persi in questo caos, ma la prova di Margot Robbie è eccezionale, protagonista della parte comica più riuscita di Babylon, che riguarda le riprese nel passaggio dal muto al sonoro. Accompagnato da un P.J. Byrne in stato di grazia (e in effetti il ritmo dell’umorismo ricorda un po’ quello di The Wolf Of Wall Street, che già li vedeva entrambi nel cast), in una scena che mostra le difficoltà che si presentavano all’epoca sui primi set sonori. Difficoltà che oggi ci sembrano assurde. Ma “assurdo” sembra essere proprio il leit motiv di Babylon, nonché del cinema stesso nella visione di Chazelle.

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Il direttore d’orchestra: Damien Chazelle.

Anche il terzo atto, mettendo in scena una visione metaforica e forse troppo apocalittica di una Hollywood che allude anche al presente dell’industria (con un Tobey Maguire che buca lo schermo), non è da meno. Sembrano tutti atti volti a distruggere questa Babilonia. Storicamente la città fu rasa al suolo e distrutta fino alle fondamenta e al cinema, a questa Babylon, è già successo spesso e capiterà di nuovo, eppure si ricostruisce. Ancora oggi. Così si ritorna al finale, alla commozione di Manny di fronte alla settima arte. Anche lui è crollato infine, come Jack e Nellie, ma la forza del cinema gli ha mostrato che si è sempre pronti a tornare in piedi, più forti di prima. E la fanfara di Chazelle è proprio questa: pregi e difetti in uno schema imperfetto, eppure sempre pronto a stupirci. Non perdetelo.

  • INTERVISTE | Damien Chazelle: «La mia Hollywood dentro Babylon…»
  • VIDEO | Qui il trailer di Babylon:

 

 

 

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