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American Murder, la famiglia della porta accanto e il voyeurismo del (vero) orrore

Filmati reali e una storia agghiacciante: ma è morale che il crimine diventi intrattenimento?

La famiglia prima dell'orrore: American Murder.

ROMA – «No, c’è qualcosa che non va, non mi sembra lui…», confida un vicino di casa di Chris Watts ad un poliziotto accorso sul posto, dopo che è stata segnalata la sparizione della moglie dell’uomo, Shanann, insieme alle figlie piccole. Siamo a Frederick, in Colorado, in un sobborgo dalle villette a schiera. Tutti conoscono tutti. E tutti sapevano che Chris e Shanann, sposati dal 2012 dopo un’amicizia nata su Facebook, non stavano passando un buon momento. Nonostante una terza nascita in arrivo. Nessuno però poteva immaginare che la crisi di coppia, avallata dal tradimento di lui, potesse scoppiare in un crimine tanto orribile. Eppure. La loro terribile tragedia, datata 2018, viene raccontata da Netflix in American Murder: La Famiglia della Porta Accanto che, tramite found-footage, ricostruisce per filo e per segno tutti i passaggi chiave della storia.

American Murder
Shanann e le due figlie

A dirigere il true crime documentary – per utilizzare l’etichetta ufficiale che hanno prodotti del genere – c’è Jenny Popplewell che, in poco meno di un’ora e mezza, mette insieme fotografie, post social, messaggi WhatsApp e registrazioni live della polizia, costruendo un racconto orrorifico, reale e voyeuristico dell’accaduto. Infatti, American Murder, sulla scia di altre produzioni simili – da The Thin Blue Line a Making a Murder e The Jinx – mette davanti allo spettatore solo e soltanto la cruda verità; un rifacimento dei fatti esplicato grazie alle immagini. Immagini reali. C’è la telefonata dell’amica di Shannon, allarmata da uno strano silenzio, ci sono i tormenti della vittima, trascurata dal marito diventato asettico e scostante, c’è l’interrogatorio di Chris e il crollo davanti alla macchina della verità. E c’è il disgustoso appello alle tv, poco dopo l’omicidio, che invoca il ritorno a casa di sua moglie e delle sue due splendide bambine.

Chris Watts a processo
Chris Watts. A processo

Tassello dopo tassello, ecco il puzzle di fragili bugie di Chris, mentre il montaggio di Simon Barker sottolinea quanto sia fuorviante l’apparenza che restituiscono i social. Chiaro che, analizzando l’opera, ad un certo punto ci si imbatta in un dilemma morale: è giusto mostrare e spettacolarizzare un crimine del genere? È sano inchiodare gli spettatori davanti la tv, portandoli in un baratro oscuro e sconvolgente? Perché questo non è un film di Hitchcock, ma vita reale. La domanda rimane nell’aria, ma American Murder rimane un esempio, o meglio un promemoria, per tutti quelli che invidiano la vita degli altri, su Facebook o Instagram. Perché, come mostra il documentario, c’è sempre qualcosa di più complicato dietro la rappresentazione pubblica della (propria) famiglia. Cosa più importante però, American Murder dimostra ancora una volta quanto atti come quello di Chris Watts non siano frutto di un raptus, ma di un processo covato a lungo, premeditato e anticipato da innumerevoli segnali. Sconvolgente.

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  • Qui il trailer di American Murder:

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