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Treno di parole: Silvio Soldini alla scoperta della poesia di Raffaello Baldini

Il dialetto, l’ironia, le testimonianze e il materiale d’archivio: il regista si racconta a Hot Corn

ROMA – Un uomo impegnato da aggiustare un tubo di scarico su una barca a vela e una radio accesa in sottofondo a fargli compagnia. Dalle frequenze dell’apparecchio, quel pomeriggio, uscì la voce di uno sconosciuto che leggeva una poesia in dialetto romagnolo. Quell’uomo era Raffaello Baldini, giornalista e poeta tra i più grandi del ‘900, il cui nome, ancora oggi, non dice nulla ai più. Ed è da quella lettura radiofonica, nel 2013, che parte il cammino di Treno di parole – Viaggio nella poesia di Raffaello Baldini, docufilm firmato da Silvio Soldini – che torna dietro la macchina da presa dopo Il colore nascosto delle cose -, presentato alla Festa del Cinema, e nato da un’idea di Martina Biondi. Meno di un’ora in cui registrazioni audio e video, immagini di repertorio, filmini in 8 mm e testimonianze si mescolano per tratteggiare i contorni di un uomo timido e discreto che ha scelto di scrivere nel gergo di Santarcangelo perché «certe cose accadono solo in dialetto». Noi di Hot Corn abbiamo intervistato Silvio Soldini per farci raccontare la genesi del progetto e cosa lo abbia colpito maggiormente di quel poeta capace di racchiudere in pochi versi le emozioni e gli episodi della vita quotidiana, dall’amore alla morte, con un velo di leggera ironia.

Silvio Soldini durante le riprese del documentario.

LA SCOPERTA «Raffaello Baldini? Lo conoscevo perché Ivano (Marescotti, ndr), con cui avevo fatto il mio primo film, L’aria serena dell’Ovest, mi chiamò nel lontano ’93 per invitarmi a vedere un suo monologo a Milano, Zitti Tutti. Un testo che era riuscito a farsi scrivere da Baldini. Di quel monologo avrò capito, credo, il 20% però mi è sembrato geniale. E mi è piaciuto realizzare un documentario con uno scopo specifico: portare le persone a scoprirlo».

Un momento di pausa dalla riprese.

IL DOCUFILM «Non avevo mai fatto un film su una persona che non c’è più. Da un lato questo mi preoccupava, dall’altro è stata una sfida. Non potevo seguirlo da vicino, nella sua quotidianità, come faccio solitamente nei miei documentari in cui mi ritaglio un tempo insieme a quella persona da cui viene fuori un racconto. Sono stato molto contento, quindi, di aver trovato del materiale che custodiva sua figlia. Si tratta di riprese, spesso amatoriali, di lui che legge poesie in pubblico e in cui si nota la sua capacità di trasformazione nel momento della lettura. È pazzesco. Anche i suoi filmini in 8 mm sono incredibili…»

Raffaello Baldini in uno scatto degli anni ’60.

LE TESTIMONIANZE «Abbiamo fatto un lungo lavoro di ricerca per trovare le persone giuste che ci potessero raccontare qualcosa di autentico su Raffaello Baldini. Volevamo metterle nella giusta condizione per raccontare qualcosa di intimo».

Ivano Marescotti intervistato da Silvio Soldini per Treno di parole.

LE POESIE «Le poesie di Baldini? Raccontano di accadimenti. Nei monologhi, poi, c’è spesso tutta una storia dietro fatta di personaggi colti in un momento preciso della vita. Baldini parla di un mondo che non esiste più ma, allo stesso tempo, racconta ancora del nostro mondo, quello che conosciamo tutti. Così come scrive di un microcosmo, quello di Santarcangelo e dintorni, che tratta di temi universali comprensibili da chiunque».

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  • Qui sotto potete vedere il trailer di Treno di parole:

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