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The House | Animazione in stop-motion e un film sulle ossessioni umane

L’animazione era forse l’unico modo per raccontare questa discesa nel delirio. Su Netflix

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Un affascinante viaggio nella stop-motion e nelle storie di una casa: The House

MILANO – Con la sua animazione in stop-motion e i personaggi che sembrano fatti di feltro, The House potrebbe erroneamente essere scambiato per un film per bambini, o quantomeno leggero. Niente potrebbe essere più lontano dalla realtà, perché questa black comedy voluta fortemente da Nexus Studio e approdata su Netflix è tutt’altro che una visione da non prendere sul serio. Tre storie, tre vicende ognuna diversa dalle altre e ambientate in altrettante diverse epoche ma unite da un unico filo conduttore: una casa e i segreti che nasconde. Un gruppo di grandi nomi, da chi presta le voci – una su tutti Helena Bonham Carter – ai registi, veterani dell’animazione del calibro di Emma de Swaef e Marc James Roels, Niki Lindroth von Bahr e Paloma Baeza.

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Dentro la casa di The House

Le origini della casa sembrano essere magiche e misteriose. Prende le sue sembianze quando una famiglia di contadini abbienti cerca un modo per cambiare la propria vita e un facoltoso architetto si offre di costruirla gratuitamente, senza chiedere nulla in cambio. Chiunque sia almeno un po’ avvezzo alle dinamiche del cinema, sa che ovviamente ci sarà un prezzo da pagare, come è inevitabile che quella lussuosa dimora si trasformi presto in un terribile incubo di cui però solo la piccola figlia riuscirà a comprenderne i pericoli. The House parte in quarta con un’atmosfera inquietante, nonostante i colori da favola, che la stop-motion non fa altro che accentuare e che continua a crescere mano a mano che le storie si evolvono.

Una scena di The House

Veniamo catapultati ai giorni nostri, dove un agente immobiliare sta ristrutturando la casa, un investimento con cui ha messo in gioco la sua carriera e, probabilmente, anche la sua vita. E se non bastano degli inquilini alquanto sospetti a mandare tutto a rotoli, ecco che alla fine non poteva mancare un futuro distopico, in cui tutto il mondo è sommerso da inondazioni (che poi non è tanto diverso da quello che al momento ci riserva il nostro futuro) e la nuova proprietaria è alle prese con rinnovamenti e coinquilini che non pagano l’affitto. Tutti i protagonisti hanno una cosa in comune: sono totalmente e irrimediabilmente ossessionati dalla casa in questione.

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Una scena di The House

È particolare, per non dire strano, l’effetto ipnotico che l’edificio esercita su chiunque vi metta piede, e la direzione artistica di ogni segmento, che a tratti sembra uscita dal mondo visionario di Tim Burton, è così ricca e curata che quel potere si riesce a percepire. È tangibile, come se fosse vero. E insieme al visual, non si può rimanere indifferenti al lavoro del cast vocale, che dà vita a una montagna di emozioni inusuale per bambole e animali antropomorfi comandati dalle tecniche CGI. Ogni storia porta con sé qualcosa di nuovo a quella della casa e non c’è da stupirsi se The House è uno su cui Netflix ha puntato di più in questo inizio anno.

Le ossessioni di The House

Individualmente le storie sono perfettamente godibili, ma messe insieme formano qualcosa di unico e speciale. Quando ogni cosa cade a pezzi, è una verità fondamentale quella che i protagonisti realizzano di aver perso di vista: un edificio fatto di mattoni e arredamenti non è necessariamente una casa, non importa quanto allettante o bella possa essere. Se poi il prezzo da pagare è la libertà, allora non ce n’è per nessuno. Nonostante tutto, però, anche cose belle possono uscire dal buio, basta solo ricordarsi di accendere la luce e spiegare le vele.

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Qui il trailer di The House:

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