in

Semina il vento | Quella favola green che racconta di un altro pianeta possibile

La terra, il futuro, la pandemia e un altro mondo: il regista Danilo Caputo racconta Semina il vento

Semina il vento
Yile Yara Vianello in una scena di Semina il vento.

BARI – Applausi, un’enorme e calorosa accoglienza per un motivo preciso: Semina il vento, opera seconda del regista tarantino Danilo Caputo, affronta il tema ambientale concentrandosi sulla sua terra natale, sui suoi luoghi e i suoi problemi. In un territorio avvelenato dall’inquinamento, dove gli uliveti sono sterminati da un parassita, il “pidocchio blu”, la forza della giovane Nica (Yle Yara Vianello) nel tentare di trovare una soluzione alla malattia degli alberi è un invito a prestare attenzione al pianeta. Abbiamo incontrato Caputo, che ci ha parlato del film, tra Taranto, Berlino e l’esigenza di una rinnovata coscienza ambientale.

Danilo Caputo, regista di Semina il vento.

LA STORIA – «Partiamo da qui, sì, dalla storia: credo sia importante raccontarla oggi perché c’è una nuova sensibilità che sta emergendo e un’attenzione nei confronti della natura maggiore. Però è anche vero che questa sensibilità ancora non riesce ad imporsi e per tante ragioni continuiamo a vivere come quarant’anni fa. E quindi credo che ora più che mai sia importante chiedersi “Che cosa vogliamo fare nei confronti della natura? Vogliamo continuare a trattarla come una risorsa da sfruttare o stabilire un nuovo equilibrio?”. Trovo sia una questione quanto mai importante e attuale».

Semina il vento
Una scena di Semina il vento.

LA RISCOPERTA – «Conosco persone che hanno riscoperto il piacere della terra, persone che hanno fatto altri percorsi di vita, altri studi, hanno avuto anche altre esperienze lavorative e che poi hanno lasciato tutto per riprendere le terre dai genitori. Credo sia emblematico perché è come se noi, persone un po’ più giovani, abbiamo riscoperto valori che i nostri genitori avevano rinnegato. Almeno dalle mie parti, le persone un po’ più grandi sono cresciute con l’idea che la campagna è per chi non va a scuola, che la campagna è per gli ultimi, e quindi hanno voltato le spalle a quel mondo. E invece i giovani stanno riscoprendo la bellezza di quella vita».

Semina il vento
Semina il vento: una scena tra gli ulivi

LA PANDEMIA – «Non so se ne siamo usciti migliori. Quello che pensavo durante la pandemia è che magari ne usciremo avendo riflettuto un po’ di più sul nostro rapporto con la natura. Per secoli l’uomo ha vissuto da dominatore della natura, e oggi più andiamo avanti più abbiamo l’impressione di essere invincibili, ma ci dimentichiamo di vivere all’interno di un sistema molto delicato. Forse la pandemia in qualche modo ci ha ricordato che non decidiamo noi, non comandiamo noi: siamo ancora animali in un mondo di altri esseri viventi».

Semina il vento.
Semina il vento.

I GIOVANI – «Ho vissuto molto all’estero. Sono andato via a sedici anni, ho vissuto negli Stati Uniti, in Germania e poi in Francia, quindi nel film non volevo puntare il dito per condannare. Piuttosto in Semina il vento sono confluiti i miei dubbi, perché ogni volta che parto mi chiedo: “ma ho fatto bene?”, “forse dovevo provare io a cambiare le cose”, “è troppo comodo andarmene”. Però poi la vita ha i suoi ritmi, le sue esigenze, quindi devi semplicemente partire per riuscire a fare quello che vorresti fare. Paola, l’amica di Nica nel film, è il veicolo di tutti questi miei dubbi, che credo siano i dubbi di chiunque parta. Chiunque parte preferirebbe restare».

IL PUBBLICO – «Per me è una soddisfazione particolare presentare il film qui a Bari perché tutto Semina il vento è girato in provincia di Taranto, una provincia rimasta fuori dal radar di tutti i film pugliesi. Perché? Perché spesso viene scelta per girare film polizieschi e un po’ cupi. Anche qui c’è la fabbrica,  però ci tenevo a mostrare tutta la bellezza e la forza dei paesaggi. Paesaggi che forse i tarantini stessi hanno dimenticato. Anche tante persone che guardano il film non sono mai state in quei posti, non li hanno mai visti».

IL CINEMA – «Il futuro? Credo che chi va al cinema per l’immagine, per il suono, per l’esperienza immersiva ci tornerà perché è un’esperienza ineguagliabile. Quindi quei film che vanno visti al cinema troveranno ancora il loro schermo. Credo che invece ne soffriranno di più i film che possono anche essere visti sul computer o che hanno un pubblico che non è così legato all’esperienza del cinema. Ci sarà ancora uno spazio per alcuni film al cinema, mentre altri troveranno più conveniente andare direttamente online».

  • Scopri qui la sezione Hot Corn Green
  • Qui il trailer di Semina il vento.

Lascia un Commento

VIDEO | Hildegard De Stefano: «La mia Sara, tra Bach, Nicole Kidman e La Compagnia del Cigno»

Nomadland

Nomadland | La strada di Chloé Zhao e un (grande) film di resistenza