MILANO – Una bella sorpresa, passata inosservata come ormai troppe cose, ma assolutamente da recuperare: American Animals – uscito in Italia nell’estate del 2019, ora disponibile in streaming su Prime Video – è il primo film di finzione di Bart Layton dopo una serie di documentari culminati nello sconvolgente L’impostore – The Impostor, in cui un manipolatore francese si spacciava per il figlio scomparso di una famiglia americana. E se nella sua penultima opera non mancavano elementi di fiction, in questo nuovo lavoro, presentato al Sundance tre anni fa, troviamo (non a caso) riprese e testimonianze reali. Ed è proprio la capacità di coniugare due differenti approcci il punto di forza di una pellicola che riprende un recente fatto di cronaca.
Ma di cosa parla precisamente American Animals? Allora, andiamo con ordine: siamo nel 2004 quando quattro ventenni di estrazione borghese, di cui due studenti universitari, architettano una rapina ai danni della biblioteca della Transylvania University di Lexington in Kentucky, nella quale sono custoditi libri antichi di grande valore. Il piano diventa sempre più imponente, al punto da spingere la banda a entrare in contatto con alcuni prestigiosi mercanti d’arte europei a cui vendere la refurtiva. Una storia vera per un heist movie in piena regola, quindi, che ricorda alcuni dei film più rappresentativi del filone, da Ocean’s Eleven a Widows. Con alcune novità in più, però, che rendono il film originale e autentico.
La giovane età dei protagonisti, ad esempio e soprattutto le ragioni che li spingono a compiere una rapina. Il ritratto che Layton dà di loro è quello di quattro ragazzi semplici, istruiti, sportivi, che cercano un’avventura. Privi di un reale bisogno economico e, all’apparenza, non spinti nemmeno da un sentimento di rabbia sociale. La noia, l’incapacità di trovare una passione, qualcosa in cui credere, sono i motivi che li portano a un’impresa fuori dall’ordinario. Il regista non li condanna e – nello stesso tempo – evita una forzata empatia con lo spettatore. In tal senso, risultano funzionali le testimonianze dirette dei veri protagonisti, che raccontano – malinconicamente – il loro ingenuo fallimento.
Nel cast a dare volti ai veri personaggi, si distinguono soprattutto le interpretazioni del fenomenale Barry Keoghan (ormai una star, Saltburn non è arrivato per caso) e Evan Peters (molto prima di WandaVision), sempre più lanciati verso ruoli complessi e stratificati. Strepitose, infine, le scelte musicali, che spaziano dalla colonna sonora originale firmata da Anne Nikitin (potete ascoltarne un brano qui) fino a canzoni dei Doors (Peace Frog), Leonard Cohen (Who by Fire), Rodriguez ed Elvis Presley (A little less conversation), corollario tragicomico degli ingenui comportamenti di un gruppo di ladri sui generis. Un film da non perdere.
- Qui l’incontro di Hot Corn a Londra con Barry Keoghan e Bart Layton:
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