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Raya e l’Ultimo Drago | Una principessa guerriera e il film più politico della Disney

Un mondo diviso e la luce della speranza: il 59° Classico è attualissimo. Dal 3 aprile su CHILI

Raya e l'Ultimo Drago
Raya e l'Ultimo Drago

ROMA – Bisogna ascoltarsi, bisogna provare a capirsi. Solo così, ci dice Raya e l’Ultimo Drago, si può sperare in una nuova epifania che apre alla luce e ai giorni più belli. Insomma, un’epifania che apre al futuro, quello bello, quello da abbracciare e da scoprire. Quattro anni di produzione, un mondo fantastico ma direttamente ispirato al sud-est asiatico e una protagonista (anzi, facciamo due…) che fa del coraggio la sua bellezza e il suo (super) potere. Perché, nel film diretto da Don Hall e Carlos López Estrada (lo trovate su CHILI), insieme ai co-registi Paul Briggs e John Ripa, una cosa appare chiara: la Disney ha cambiato i paradigmi alle principesse, facendole diventare guerriere a cui ispirarsi; modello e icone sviluppate per essere l’esempio da seguire per quelle nuove (e vecchie) generazioni che per le prime volte si immergono nell’incredibile narrazione dello Studios fondato nel 1923.

raya e l'ultimo drago
La guerriera Raya

Allora, il 59° Classico, ci porta a Kumandra, dove molto tempo fa umani e draghi vivevano in armonia. Poi? E poi, la distruzione: forze astratte e cattive – i Druun – hanno messo a repentaglio gli esseri umani, salvati dal nobile sacrificio dei draghi. Da quell’evento, però, il mondo non fu più lo stesso e Kumandra venne divisa in cinque regni. Come se non bastasse, in quel regno lontano, riecco tornare i Druun, risvegliati dopo un errore commesso da Raya, guerriera solitaria. La fine, questa volta, pare essere davvero vicina. Gli uomini non hanno imparato nulla dai propri errori e i draghi, ormai, sono solo un vecchio ricordo. O forse no? Forse, la speranza non è del tutto sopita. Proprio Raya si mette in cammino per cercare l’ultimo leggendario drago, così da sanare il terribile sbaglio commesso e, soprattutto, riunire – definitivamente – il suo popolo.

Raya e l'ultimo drago
Raya e Sisu

Divisioni, paure, rabbia, squilibri. Sì, esatto: Raya e l’Ultimo Drago è forse il film d’animazione più politico della Disney, nonché quello che più riflette l’attualità e il contesto socio-politico della sua relativa epoca d’uscita. In parte il messaggio è stato ampiamente studiato, in parte è stato casuale, quasi profetico. I Druun, se non vivessimo in era pandemica, sarebbero solo nubi maligne, che fanno diventare pietra donne e uomini. Eppure, vista la cornice in cui il film esce (dimenticavamo: lo trovate in Accesso VIP su Disney+ dal 5 marzo), i Druun diventano anche lo specchio della nostra paura. Una paura che, di conseguenza, porta frammentazioni, incomprensioni, spavento. Dunque, anche se Raya è – naturalmente – un’opera per tutta la famiglia, che sa stupire e divertire (in particolar modo i personaggi spalla sono particolarmente riusciti, come da tradizione Disney), le tematiche affrontate sono quelle che catturano l’attenzione.

Raya e l'ultimo drago
Una scena del film

Raya e l’Ultimo Drago parla, quindi, della divisione e del relativo processo di guarigione di una società frammentata e intimorita, nuclei tanto attuali da avere un impatto emotivo forte come poche volte prima. Perché, se anche i suoi canoni sono per lo più standardizzati – c’è l’antefatto, c’è il viaggio catartico, c’è la rivoluzione finale sulle orme di Frozen – nella pellicola di Don Hall e Carlos López Estrada il messaggio non è banale, anzi: bisogna fare il primo passo. In amicizia, in amore, in famiglia, in nome di un bene più grande. Fare il primo passo è un gesto di fiducia negli altri, e solo grazie alla fiducia si può (ri)costruire qualcosa che credevamo rotto per sempre. Unire le forza, suggerisce Raya, eroina moderna di un mondo che non c’è. Ma che, invece, è più reale che mai.

  • Volete vedere Raya e l’ultimo drago? Lo trovate su CHILI

Qui potete vedere il trailer di Raya e l’Ultimo Drago:

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