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Quella Sporca Dozzina | Quando la New Hollywood reinventò i war movies

John Cassavetes, il ritiro dall’attività agonistica di Jim Brown, le bizze “alcoliche” di Lee Marvin

Quella sporca dozzina, Robert Aldrich e l'America anti-Vietnam
Quella sporca dozzina, Robert Aldrich e l'America anti-Vietnam

PALERMO – Agli albori della New Hollywood il cinema moderno americano riuscì a reinventarsi tra sperimentazioni narrative e nuove chiavi di lettura così da imbrigliare lo spirito rivoluzionario e ribelle della decade al fine di appropriarsene in chiave filmica. Una freschezza di intenti che fece eco perfino nel cinema di guerra dove la fredda paranoia del nucleare (Il dottor Stranamore) e un Vietnam vestito da Corea (MASH) finirono con il consolidare la carica antimilitarista già ben cementificata nella solida modernità dei kolossal d’autore (Il ponte sul fiume Kwai, Orizzonti di gloria). Nel mezzo c’è Quella sporca dozzina di Robert Aldrich del 1967 che del cinema bellico rappresentò una silenziosa incursione new-hollywoodiana in bilico tra tradizione ed innovazione.

Charles Bronson, John Cassavetes, Terry Savalas e Al Mancini in una scena de Quella sporca dozzina
Charles Bronson, John Cassavetes, Terry Savalas e Al Mancini in una scena de Quella sporca dozzina

La prima volta che se ne sentì parlare fu nel 1963. Il Los Angeles Times annunciò che la MGM aveva acquistato i diritti del romanzo omonimo di E.M. Nathanson per 80.000 dollari ancora nella forma del manoscritto. Lo scrittore, a sua volta, scoprì della Dozzina dal regista Russ Meyer che nel suo passato bellico da fotografo di guerra incontrò un gruppo militare di dodici uomini che si faceva chiamare, per l’appunto, La Sporca Dozzina. Nathanson iniziò così a cercare risconti tra la Pentagon Law Library ed altri archivi militari ma a conti fatti fu infruttuosa. Nemmeno un anno dopo i produttori William Perlberg e George Seaton incaricarono lo sceneggiatore Harry Denker di scrivere un adattamento del soggetto di Nathanson. Il risultato fu parecchio insoddisfacente. Ci vollero due draft (tra cui uno dello stesso Nathanson) prima che Aldrich potesse finalmente avere un sceneggiatura su cui poter lavorare.

Charles Bronson, John Cassavetes e Al Mancini in una scena de Quella sporca dozzina
Charles Bronson, John Cassavetes e Al Mancini in una scena de Quella sporca dozzina

Eppure, più che la sceneggiatura, la prima cosa che viene in mente ripensando a Quella sporca dozzina è la sua nutrita schiera di eccellenti volti hollywoodiani: Lee Marvin, Ernest Borgnine, Charles Bronson, John Cassavetes, Donald Sutherland, Telly Savalas, George Kennedy, Robert Ryan, Richard Jaeckel, Trini Lopez, Clint Walker, Robert Webber. Nomi scremati dal casting director Kenneth Nyman dopo oltre un anno di ricerche accurate. Ci sarebbe dovuto essere anche John Wayne. Era lui prima scelta come Maggiore Reisman. Rinunciò al ruolo dopo aver letto il primo draft di Denker. Riteneva poco americana la scelta del suo personaggio di avere una relazione clandestina con una donna sposata ad un soldato in missione all’estero. La palla passo così a Marvin che dal canto suo apprezzava Reisman e le sue zone d’ombra: «È duro e cinico, ma cerco di mostrare che l’uomo ha anche il suo lato buono».

Lee Marvin in una scena de Quella sporca dozzina
Lee Marvin in una scena de Quella sporca dozzina

«Non interpreti nessun personaggio tutto buono o cattivo. Sono le ombre intermedie che sono più interessanti e più difficili da interpretare», due anime dicotomicamente opposte eppure compenetranti che resero Reisman un meraviglioso agente scenico colorato di puro antimilitarismo: tanto brillante stratega quanto insofferente all’autorità e al sistema. Un po’ come lo stesso Marvin che a dire il vero fu parecchio vivace dentro e fuori dal set, come quando avrebbe dovuto girare una scena con Charles Bronson. Marvin risultò disperso. Aldrich non si perse d’animo e per rientrare nei tempi scelse di girarla comunque con Marvin off-screen. Ore dopo lo ritrovarono in un pub a Belgravia ubriaco marcio dalla notte precedente. In un’altra delle sue scorribande iniziò a fare avance verso una donna che si scoprì essere la zia di Sean Connery (che quando lo seppe si precipitò al pub per farsi quattro risate).

Lee Marvin e Charles Bronson in una scena de Quella sporca dozzina
Lee Marvin e Charles Bronson in una scena de Quella sporca dozzina

Fu comunque una lavorazione travagliata contenente al suo interno qualsiasi imprevisto possibile e pensabile. Pensate che Quella sporca dozzina poté perfino fregiarsi dell’aver “causato” il ritiro dall’attività agonistica di un idolo delle folle: Jim Brown, stella dei Cleveland Browns. Uno dei più forti running back di sempre dall’impressionante score realizzativo: 118 partite e 106 touchdown tra il 1957 e il 1965. A 29 anni il mondo era letteralmente ai suoi piedi. Fu scritturato da Nyman come soldato Robert Jefferson. La cosa piacque poco alla NFL che, dopo che Brown non poté prendere parte alla preparazione estiva perché impegnato sul set, a ridosso dell’inizio della stagione 1965/1966 lo minacciò di sospensione se non avesse rinunciato al ruolo. In tutta risposta Brown rinunciò, si…ma alla carriera! Già l’indomani infatti indette una conferenza stampa dove annunciò la sua decisione di appendere il casco al chiodo.

Donald Sutherland e Robert Ryan in una scena de Quella sporca dozzina

Quella sporca dozzina fu soprattutto l’inaspettata rampa di lancio per un giovanissimo Sutherland che in origine aveva appena una battuta in tutto il film. In una delle scene cult la Dozzina si prende gioco del Colonnello Breed (Robert Ryan). Nella sceneggiatura originale il protagonista della scena era il Gigante Buono Posey di Clint Walker che in realtà non la sentiva molto nelle sue corde: «Non credo sia appropriato per me, come star di Hollywood e rappresentante dei nativi americani, interpretare questa stupida scena in cui fingo di essere un Generale». Aldrich la rigirò allora rimpiazzandolo con Sutherland a cui disse espressamente: “Tu! Con le grandi orecchie! Fallo tu!“. Scelse bene. Si dice infatti che sia stata proprio quella scena a fargli guadagnare di diritto, appena pochi anni più tardi, il ruolo del Capitano Occhio di Falco Pierce in MASH di Robert Altman.

La scena d’apertura de Quella sporca dozzina

Cast a parte, che Quella sporca dozzina sia una delle opere più preziose del suo tempo, lo si evince già dall’apertura di racconto. Uno spietato incipit di brutale giustizia in cui, in soli due minuti, Aldrich costruisce l’anima antimilitarista del racconto condannando alla pena capitale un giovane dal volto pulito per un delitto di cui non abbiamo indizi per identificarlo se non una semplice parola: “omicidio”. Una mordace critica sociale nei confronti dell’incapacità riabilitativa del sistema carcerario che vive tutta nel linguaggio del corpo di Reisman a cui Aldrich fa distogliere lo sguardo ponendosi in direzione opposta all’evento delittuoso: in un solo gesto l’intera chiave di volta del suo complesso spirito caratteriale. La narrazione cresce così in una coralità che in qualche modo determina il reale inizio del racconto. Aldrich infatti lancia i titoli di testa soltanto nel momento in cui lo spettatore è a conoscenza dei volti della Dozzina.

Lee Marvin e John Cassavetes in una scena de Quella sporca dozzina
Lee Marvin e John Cassavetes in una scena de Quella sporca dozzina

Tra questi spicca Franko/Cassavetes che di Reisman/Marvin è il doppio valoriale seppur necessariamente posizionato all’angolo opposto del reticolato narrativo: la recluta e il suo superiore. Entrambi però leader morali di pura disobbedienza civile e ribellione ontologica. Personaggi figli del loro tempo e dei disordini del contesto storico-sociale d’appartenenza con la differenza che se con i “Reisman” della storia (i Generali dissidenti) getti le basi per la rivoluzione è solo con “i Franko”( i bracci armati ribelli) che che la vinci. In ogni caso – come tutta la Dozzina del resto – da intendersi come personaggi tipicamente aldrichiani o comunque in linea con la sua visione: «La lotta per l’autodeterminazione. La lotta per quello che un personaggio vuole che sia la sua vita. Cerco personaggi che si sentano abbastanza coinvolti in qualcosa che non si preoccupa delle probabilità prevalenti ma che lotta contro quelle probabilità».

Terry Savalas e Dora Reisser in una scena de Quella sporca dozzina

Aldrich però li rende uomini veri e vivi (e soldati). Apparentemente disallineati alla depersonalizzazione dell’individuo-soldato perché non appartenenti a nessuna ideologia se non ai valori condivisi di ribellione al sistema. Dove Quella sporca dozzina dovrebbe inasprirsi raggiunge invece dissacranti (e inaspettate) vette comico-brillanti. È però con il giungere del sanguinoso climax dal corposo sapore bellico che gli uomini di Aldrich ricordano del loro fato macchiato. Ribelli al sistema eppur pedine sacrificabili di un gioco militare al massacro. La maschera goffmaniana da provetti soldati casca giù facendo emergere in loro un’insita devianza del tutto sprovvista di ideali patriottici, ma solo di sano istinto a sopravvivere. Vincitore dell’Oscar 1968 ai Migliori effetti sonori e suo malgrado protagonista di tre (infelici) sequel televisivi il 1985 e il 1988 targati McLaglen e H. Katzin, ciò che resta a cinquantacinque anni di distanza dal rilascio in sala è un’anima militarista indomita e colorata.

Charles Bronson, John Cassavetes, Terry Savalas e Al Mancini in una scena de Quella sporca dozzina

Spirito filmico cucito addosso come un abito su misura, su di una narrazione capace di raccontare del suo tempo e di quella ribellione anti-Vietnam camuffata da missione suicida della Seconda Guerra Mondiale, attraverso gli occhi di icone sovversive ed umane come Franko, Vernon, Posey, Maggott, Wladislaw. Ma soprattutto il Maggiore Reisman di cui, nemmeno tredici anni dopo, Samuel Fuller ne rileggerà l’inerzia caratteriale secondo un’accezione più paterna e positiva nel suo Il grande uno rosso del 1980. Stavolta però il plotone di cui si occuperà un Marvin maturo e crepuscolare non sarà composto da una dozzina di galeotti che fingono d’essere uomini d’onore, ma da poco più che ragazzini (tra cui Mark Hamill e Robert Carradine) che fingono di essere adulti: l’ennesima grande storia del nostro amato cinema.

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Qui sotto potete vedere il trailer del film:

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