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VENEZIA 77 | Pedro Almodóvar: «The Human Voice? Un capriccio che mi ha reso libero»

L’idillio con Tilda Swinton, il lockdown e il cinema come avventura: il regista protagonista a Venezia 77

Pedro Almódovar a Venezia 77 con The Human Voice. Foto Credits: La Biennale
Pedro Almódovar a Venezia 77 con The Human Voice. Foto Credits: La Biennale

VENEZIA – Occhiali neri, capelli di un bianco brillante e camicia floreale. Pedro Almodóvar è sbarcato al Lido per presentare The Human Voice, corto ispirato all’omonima pièce teatrale di Jean Cocteau con protagonista Tilda Swinton. Proprio l’attrice, insignita del Leone d’Oro alla carriera, lo ha affiancato durante la conferenza stampa in cui il regista spagnolo – qui al suo primo lavoro in lingua inglese – ha riflettuto sull’importanza della cultura e del cinema come risposta ai mesi di lockdown forzato. Mesi proficui per Almodóvar come ha confessato lui stesso. «A ottobre inizierò la pre-produzione del mio prossimo film. Ho anche scritto altre due sceneggiature. Uno è un western molto particolare!».

The Human Voice
Sul set

JEAN COCTEAU – «Cocteau? Mi aveva già ispirato ne La legge del desiderio, una commedia delirante presentata a Berlino. The Human Voice parla di una donna sola con un cane, anche lui abbandonato. Una situazione drammatica che mi ha dato molti stimoli. Ero cosciente di quello che aveva fatto Rossellini con Anna Magnani nel L’Amore e la Bergman poi. Un ruolo che era stato già elaborato negli anni. Ma io volevo renderlo più attuale, l’opposto. Nell’originale la figura femminile è troppo sottomessa. Io volevo che ci fosse una forma di vendetta».

Tilda Swinton in The Human Voice
Tilda Swinton in The Human Voice

THE HUMAN VOICE – «Forse ho realizzato il corto per un capriccio ma lavorarci mi ha fatto sentire libero sia dal punto di vista linguistico – lo scritto in spagnolo e poi tradotto in italiano – che estetico. Volevamo essere teatrali ma essenzialmente cinematografici per mostrare l’ambiente del cinema e la sua finzione. Quest’esperimento mi ha fatto “digerire le parole di Cocteau in un testo che mi rifletteva. Questo implicava riscriverlo ma ho rispettato la disperazione e il dolore di questa donna in costante attesa».

I colori di Pedro Almódovar
I colori di Pedro Almódovar

IL LOCKDOWN – «Il lockdown ci ha dimostrato fino a che punto la gente dipende alla finzione che riempie il tempo. E quando di finzione mi riferisco anche alla cultura che è necessaria. Le piattaforme hanno svolto un lavoro fondamentale durante questi mesi ma il lockdown ci ha mostrato la casa anche come un luogo di reclusione. Lo trovo pericoloso. Le aziende hanno scoperto quanto è economico. Abbiamo vissuto una reclusione obbligata ma quello che non mi piace è che prosegui nel tempo. Propongo di tornare al cinema che rappresenta l’inizio di un’avventura. Per andare in sala devi vestirti, scegliere la tua immagine da presentare agli altri, uscire e andare in un luogo avvolto dal buio in cui ti ritrovi a piangere ed emozionarti. Un’esperienza catartica fondamentale. I film sono fatti per essere visti in ogni luogo, ma come regista il fatto di sentire respirare gli spettatori mi mostra come funziona il film. Su Netflix perdo quella sensazione di incontro tra pubblico e il film. Anche voi giornalisti dovete ricordare l’importanza di andare al cinema. Certe cose si scoprono solo al buio davanti a uno schermo molto grande».

Un'altra immagine del corto di Almódovar
Un’altra immagine del corto di Almódovar

L’ILLUSIONE – «La mia più grande illusione è continuare a vivere, la seconda è continuare a vivere facendo cinema, la terza è essere qui con Tilda Swinton. Mi piacerebbe che l’idillio si portasse avanti. Quando scopri la chimica assoluta con un attore non c’è nulla di uguale. Ti permette di andare oltre, di moltiplicare la tua capacità».

Qui una clip di presentazione di The Human Voice:

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