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One Day you Will Reach the Sea, il valore della perdita nel film di Ryutaro Nakagawa

Dolore, accettazione e ricordi nel film giapponese visto (e amato) al Far East Film Festival

One Day you Will Reach the Sea, visto al Far East Film Festival
One Day you Will Reach the Sea, visto al Far East Film Festival

UDINE – Come dimostra il sorprendente One day you will reach the sea, uno degli aspetti che differenzia l’oriente dall’occidente è la sua estrema incapacità di essere elastico, l’obbligata necessità di apparire invece che mostrarsi liberamente, di tenere dentro invece che tirare fuori e questo non fa altro che costruire un modello di società dove la distanza emotiva e relazionale tra le persone purtroppo si riesce a misurare, un modello che spinge a non aprirsi verso sé stesso e verso l’altro per paura di mostrare e affrontare la propria condizione emotiva o sociale. Gabbie sociali autoimposte che portano l’oriente ad affrontare la vita, i suoi contrasti, i legami, le relazioni e tutte le sue sfaccettature in un modo diverso dal resto del mondo e il cinema contemporaneo, soprattutto quello giapponese, è uno degli strumenti artistici che più lo ha mostrato e raccontato. Hirokazu Kore-eda, Ryusuke Hamaguchi, Naomi Kawase sono i registi più conosciuti di questo movimento cinematografico, ma esiste un prolifico ambiente più nascosto dove altrettanti creativi costruiscono lungometraggi capaci di indagare le contraddizioni sociali del loro paese, di esplorare i difficili concetti di rimorso, senso di colpa, rimpianto.

Lo sguardo di Ryutaro Nakagawa in One Day, You Will Reach The Sea
Lo sguardo di Ryutaro Nakagawa in One Day, You Will Reach The Sea

Così, grazie al Far East Film Festival, arrivato alla 24.a edizione, progetti e lungometraggi di questo genere hanno la possibilità di arrivare in Europa e confrontarsi con un pubblico diverso. Ed è proprio il caso di One day you will reach the sea, decimo e ultimo lavoro del giovane regista giapponese Ryutaro Nakagawa, che con una storia di lutto e amicizia riflette sui concetti di perdita e ricordi nella Tokyo contemporanea. Mana ha la frangia che le copre quasi gli occhi, fa la cameriera in un ristorante di lusso e vive in un piccolo monolocale con un bellissimo terrazzo. Anche Sumire ha la frangia che le copre quasi gli occhi, è una ragazza estroversa che però ha un’anima timida e insicura. Sono migliore amiche, si sono conosciute all’università per non lasciarsi più, sia quando hanno vissuto insieme per un anno sia quando l’amore e la vita le hanno allontanate.

Le protagoniste, tra dolore e ricordi

Il loro è un legame indissolubile, ma Sumire sono anni che non c’è più, è scomparsa durante il catastrofico maremoto giapponese del 2011 e non è più tornata, e Mana non è riuscita ancora a superare il trauma di aver perso la persona più importante della sua vita. Il mondo deve andare avanti, la sua vita non può fermarsi, ma Mana ritrova la sua amica in ogni abito che indossa, nei piccoli e magici spazi che hanno condiviso, nei filmati che Sumire registrava con la sua videocamera per superare la timidezza e non sopporta vedere il fidanzato di Sumire legato a un’altra persona, la madre che ha accettato che non ci sia più, mentre lei vuole farla sopravvivere dentro di sé e non riesce a lasciarla andare, portandosi così sulle spalle il peso di una sofferenza che la immobilizza. One day you will reach the sea è un viaggio tra presente e passato, un viaggio tra ricordi e conseguenze, che scava e si intrufola nelle vite di due ragazze per riflettere sul valore della perdita, sul valore e l’importanza che hanno i rapporti umani e su come gestirli sia il gioco più complesso e misterioso che la vita propone.

Una scena di One Day you Will Reach the Sea
Una scena di One Day you Will Reach the Sea

Il personaggio di Mona fa emergere chiaramente la difficoltà dell’accettazione, l’incapacità di lasciare andare, di liberarsi da un dolore così estraneo, Mona non riesce a cadere, a buttare fuori per tornare a riempirsi di nuovo, solo il tempo e lo sforzo di trasformare il ricordo di ciò che è stato in qualcosa da avere al proprio fianco invece che sulle proprie spalle riusciranno a liberarla. One day you will reach the sea è un film di cadute e rinascite, un delicato percorso che si ispira a Drive my car di Hamaguchi, a Maborosi di Hirokazu Kore-eda per poi costruire attorno a sé una forte identità cinematografica con il magnifico utilizzo dell’animazione all’inizio e alla fine per restituire immagini e sensazioni che la realtà non riesce a raggiungere, con la colonna sonora di Akira Kosemura (medesimo compositore di True Mothers) che non smette mai di tenere per mano Mona nel lungo cammino che deve intraprendere per comprendere che il mare non si può non raggiungere prima o poi, che anche il mare può raggiungerci senza avvisare, che il potere del mare è togliere e dare allo stesso tempo.

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Qui il trailer originale del film:

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