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Mortal Kombat | Dagli Anni Novanta al nuovo reboot: storia di una saga (s)cult

Il franchise ispirato al videogioco ha segnato tre generazioni. E ora torna nel film di Simon McQuoid

Mortal Kombat
Mortal Kombat

ROMA – «Flawless Victory» recita la voce fuori campo alla fine di ogni duello meritevole. E mai vittoria si poté ritenere più sfavillante per un Mortal Kombat che, con i suoi undici capitoli della storyline principale e svariati spin-off/crossover (leggendario, in tal senso, quello del 2008 con il DC Universe che segnò il passaggio di testimone tra la Midway Games e la Warner Bros), ha saputo incidere come poche altre saghe nell’immaginario videoludico e collettivo. Erano gli anni novanta del resto. Gli anni del dualismo arcade Mortal Kombat/Street Fighter. Midway contro Capcom. Fatality contro Hadoken. L’eterna dicotomia esperienziale tra la violenza graficamente esplicita del primo contro le combo colorite del secondo. Narrazioni che di capitolo in capitolo sprigionavano un intreccio talmente cinematografico che il passaggio sul grande schermo sembrava quasi obbligatorio.

I protagonisti del Mortal Kombat firmato da Paul W.S. Anderson
I protagonisti del Mortal Kombat firmato da Paul W.S. Anderson

E ci arrivarono infine, dandosi battaglia a colpi di milioni al box-office. Ma come la storia del cinema ci insegna – e Super Mario Bros ne sa qualcosa – nelle trasposizioni cinematografiche di opere videoludiche qualcosa sembra sempre non tornare. È stato così per l’infelice Street Fighter – Sfida finale di Steven E. de Souza, come per quel Mortal Kombat firmato dall’allora esordiente Paul W.S. Anderson che tanto sembrava essere un’inversione d’inerzia. «Star Wars che incontra I 3 dell’Operazione Drago» lo definì il produttore Lawrence Kasanoff anche per via di alcune similitudini di trama e dell’amalgama eccellente tra elementi magici e un torneo di arti marziali su di un’isola sperduta.

Mortal Kombat
Ready… Go!

È di questo che narra Mortal Kombat. Un torneo indetto dagli Dei Anziani dove a sfidarsi sono i migliori combattenti del regno di Outworld e dell’Earthrealm. Se i guerrieri di Outworld guidati da Shang Tsung (Cary-Hiroyuki Tagawa) riusciranno ad avere la meglio sui terrestri per dieci volte consecutive consegneranno a Shao Khan (Frank Welker) le chiavi del portale interdimensionale con cui invadere la terra: quest’edizione di Mortal Kombat è la decima, quella decisiva. Guidati dal Difensore dell’Earthrealm e dio del tuono Lord Raiden (Christopher Lambert) toccherà al guerriero Shaolin Liu Kang (Robin Shou), al membro delle Forze Speciali Sonya Blade (Bridgette Wilson) e alla star hollywoodiana Johnny Cage (Linden Ashby) vender cara la pelle del regno terrestre: una sfida all’ultima Fatality. A complicare i piani di Mortal Kombat ci pensò (indirettamente) la New Line Cinema.

Linden Ashby nei panni del mitico Johnny Cage
Linden Ashby nei panni del mitico Johnny Cage

In origine infatti lo script era molto più fedele all’opera videoludica. Sanguinoso, denso, straripante di violenza e di Fatality eccezionali. L’intento degli executives era però di rendere il prodotto filmico il più commercialmente appetibile; specie considerando i precedenti filmico-videoludici. Il risultato? PG-13, molta violenza esplicita attenuata e, in generale, la sensazione di un’occasione mancata e non soltanto per la fotografia posticcia, gli elementi dialogici scarni e l’andamento narrativo incerto.
Nonostante questo però non sentirete mai una parola negativa da parte del suo autore. Quel Paul W.S. Anderson che al suo impegnativo battesimo di fuoco dirige con inventiva e dimestichezza piazzando un paio di momenti eccellenti (il duello tra Johnny Cage e Reptile è tra i più suggestivi della sua filmografia). Mortal Kombat ne segnò indelebilmente la carriera. Gli permise di guadagnare credito per il suo capolavoro – Punto di non ritorno – impedendogli, tuttavia, di tornare nel sequel Mortal Kombat: Distruzione totale.

Una scena dal nuovo film di Mortal Kombat
Una scena dal nuovo film di Mortal Kombat

Da qui la scelta di non abbandonare mai un franchise se non dopo l’ultimo capitolo come successo con la saga cinematografica – anch’essa dai natali videoludici – di Resident Evil di cui è l’indiscusso autore-demiurgo. Oggi rinato attraverso uno stile maggiormente dinamico e coinvolgente nel reboot di Simon McQuoid (che trovate su CHILI), eppure sono tanti i motivi che hanno reso il Mortal Kombat degli anni Novanta un’opera a conti fatti infelice ma indubbiamente iconica e da riscoprire. Dalla martellante colonna sonora techno con Test Your Might sugli scudi a Sean Connery come prima e in origine unica scelta per Raiden salvo poi rifiutare perché preferiva il golf alla recitazione (di cui potete leggere qui un curioso aneddoto) sino al cameo meta-cinematografico di Steven Spielberg sfumato all’ultimo secondo ma comunque portato a casa grazie ad un imperfetto sosia. Questo e molto altro è Mortal Kombat: quando con gli arcade si sognava il cinema e puntualmente, arrivati in sala, i sogni si smaterializzavano sul grande schermo.

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Qui il trailer del nuovo film diretto da Simon McQuoid:

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