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Mandibules | Una mosca gigante e il clamoroso film di Quentin Dupieux

L’opera di Mr. Oizo? Difficilmente può passare inosservata… Al cinema da 17 giugno

La Mosca di Mandibules...
La Mosca di Mandibules...

ROMA – È decisamente inconsueto, per una recensione di un film, partire dalla conferenza stampa del suo regista. Eppure, vendendo Mandibules (al cinema dal 17 giugno), non possiamo non raccontare quello che è successo a Venezia 77, dove è stato presentato Fuori Concorso – e qui la prima nota: se fosse stato in gara avrebbe probabilmente vinto. Quentin Dupieux aka Mr. Oizo (che è bravo, e molto), arriva ai microfoni della press conference insieme al cast del suo folgorante film: ci sono i protagonisti, David Marsais e Grégoire Luding, affiancati dagli altri interpreti, a cominciare da una magnetica Adèle Exarchopoulos. Il clima, in sala, è strano: un po’ come nel suo film tutto sembra assurdo, irreale, eccessivo, ai limiti dell’incredibile. Succede che Dupieux comincia a parlottare, a brontolare, a dire che le domande sono vacue e che sia la traduttrice sia la moderatrice stanno facendo un pessimo lavoro. È invece lui – e il cast – che parla così veloce (e fuori dal microfono) da essere intraducibile. Ma gli importa poco a Mr. Oizo (e a noi) di risultare sgradevole, del resto sa perfettamente che il suo Mandibules è un’opera clamorosa.

David Marsais e Grégoire Luding in Mandibules
David Marsais e Grégoire Luding in Mandibules

Questo, per dire, che ogni film rispecchia quasi totalmente l’indole del proprio autore: il parigino Dupieux, che aveva dimostrato di essere un regista eclatante già con Doppia Pelle e soprattutto Au Poste!, con Mandibules realizza una pellicola che sfrutta il non-sense per raccontare in modo illuminante la purezza e la semplicità che c’è dietro ad un’amicizia scevra da qualsiasi sovrastruttura o interesse. E allora, il MacGuffin perfetto è un’enorme e già leggendaria Mosca, adottata da due amici tanto uniti quanto genuinamente stupidi. Andiamo con ordine: Marsais e Luding sono Jean-Gab e Manu, teneri bifolchi che tirano a campare grazie a piccoli e innocenti espedienti criminosi. Per un puro caso, scoprono che nel bagagliaio di un auto rubata c’è, appunto, una Mosca gigantesca. Che fare? Ovvio: addestrarla – o almeno provarci – e sfruttarla per guadagnare soldi facili e cibo gratis. Inutile dire che l’incontro smuove – in appena 77 minuti – una sequela di situazioni surreali, spostando l’attenzione su quanto la verità possa essere autentica solo se irrazionale.

Mandibules
zzzzzzz…

Ecco perché in Mandibules succede tutto e non succede nulla: come fosse una commedia dell’assurdo, che si rifà a Luis Buñuel e ai Farrelly Brothers, la Mosca di Dupieux è metafora (in)consapevole che forse l’impossibile è un preconcetto capace di castrare sul nascere qualsiasi spunto istintivo e rivoluzionario. Jean-Gab e Manu, difatti, non si scompongono minimamente quando trovano l’insetto, anzi instaurano con lei un rapporto di sincera fedeltà, di compassione e di amore. Nessun pregiudizio, nessun disgusto, cosa che invece provano – addirittura verso i cani – le ragazze che nella loro comune in Provenza ospitano (in)volontariamente Jean-Gab e Manu. Tra loro c’è una bravissima Adèle Exarchopoulos, che interpreta una ragazza latentemente ”ammaccata” da un incidente. Oltre allo strambo duo, lei è l’unica a vedere la mosca (e così un’idea: e se non esistesse?!), facendo risaltare ancora una volta il filo conduttore di Mandibules, un film che non vuole valorizzare la sua profondità, bensì si crogiola nella follia incontrollata e non fa domande. In fondo “Una mosca sta bene ovunque”. Imperdibile.

Qui il trailer del film:

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