ROMA – Basato su eventi reali, Libre di Mélanie Laurent ci porta nel tumultuoso percorso di Bruno Sulak (Lucas Bravo), l’Arsène Lupin del XX secolo. Ladro sgargiante, amico leale, icona di libertà, Bruno Sulak ha lasciato il segno nella storia del crimine con le sue rapine non violente a molteplici gioiellerie. Nonostante fosse attivamente inseguito da George Moréas (Yvan Attal), un commissario di polizia anticonformista, astuto e duro, Sulak è riuscito a evadere dalla prigione più volte per riunirsi a Thalie (Léa Luce Busato), sua amante e complice, diventando così il nemico pubblico numero uno degli anni ’80. Dall’1 novembre su Prime Video.
Ve lo diciamo subito: non sottovalutatelo. Libre è tantissime cose fuse in una dal genio registico della Laurent. Un neo-noir d’azione alla luce del sole. Un poliziesco picaresco dal linguaggio filmico dai colori e ritmi dei polizieschi anni Settanta (un paio d’inseguimenti sono sensazionali! nda), tutto pervaso di immagini e suggestioni di un cinema lontano e indimenticabile. C’è il respiro intimo dei momenti d’amore tipici della Nouvelle Vague rohmeriana, i voice-over dolci che parlano di poesia e tenerezza nei momenti più delicati, perfino un grande (e bellissimo) omaggio a Un condannato a morte è fuggito dell’immortale Robert Bresson del 1956. Perché lo è – condannato – il Bruno Sulak di un Bravo padrone della scena, magnetico, intenso e seducente.
Condannato dalla ricerca del brivido e di emozioni, di sangue freddo nelle sue scorribande criminali ma caldo nella sua vitalità impetuosa. E ama Thalie (formidabile la Busato!), disperatamente, follemente, è la sua forza e debolezza perché partner – amante, amica, anima gemella e compagna – dall’intesa perfetta e meravigliosa. Ed è su di loro e il loro amore folle e bellissimo che Laurent costruisce Libre. Un film che è un inno alla vita e alla libertà di essere ciò che desideriamo ardentemente essere, contro tutto e tutti. Un film di cui sentiremo – e sentirete – parlare tanto e a lungo.
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