ROMA – Se fossi un astronauta non diresti che non lo sembro, risponde Pedro in spiaggia quando l’amico ritrovato Maxi gli dice che non sembra gay. L’amante dell’astronauta si schiude ed esplode attraverso una singola frase, non ha paura di esporre e mostrare l’idea e il centro strutturale del film dopo solo qualche sequenza, temi che poi Marco Berger (regista argentino classe ’77 al suo undicesimo lungometraggio in quindici anni di carriera) lascia germogliare per l’intera durata della felice e divertente storia che ha come protagonisti Pedro e Maxi. L’amante dell’astronauta, nelle sale italiane dal 20 giugno grazie a Circuito Cinema, esplora il tema della maschera, della sessualità, del mostrarsi e del desiderio genuino costruendo un micro-universo talmente specifico da poi riuscire a espandersi e raggiungere il generale attraverso una storia semplice ma lucida e diretta.
Pedro, ragazzo apertamente gay e quasi trentenne, raggiunge degli amici argentini in una grande casa vicino al mare. Ritrova anche Maxi, un vecchio amico che non sente da molti anni. Il loro incontro sembra colmare in un istante gli anni di lontananza, un’amicizia sincera che torna a fiorire attraverso anche un umorismo gentile di Maxi quando viene a sapere dell’orientamento sessuale di Pedro. Un rapporto giocoso e spontaneo che però pian piano inizia a logorare le barriere dell’amicizia: Pedro si sente coinvolto emotivamente da Maxi, che prima per gioco e poi realmente comincia a guardare l’amico con occhi diversi. Il far finta di essere una coppia per far ingelosire l’ex fidanzata di Maxi sarà la goccia che farà traboccare il vaso di un rapporto sempre più confuso e che metterà a repentaglio ogni solida convinzione da parte dei due protagonisti.
Marco Berger è uno di quei registi che ha ben chiaro l’universo narrativo in cui vuole muoversi e che desidera esplorare. Il regista argentino orbita attorno alla sessualità e all’amore omosessuale e lo esplora da tante angolazioni. Con L’amante dell’astronauta gioca molto di più con il verbo che con il corpo: la metafora dell’astronauta e tutti i termini vicino allo spazio diventano simbolo di un preciso immaginario e desiderio che permette al film di diventare una divertente commedia capace di utilizzare in modo intelligente l’erotismo e la pulsione sessuale. L’amante dell’astronauta è un film felice, che lascia la quotidianità fuori dalla porta e fa entrare soltanto il senso di perdizione e malinconico della vacanza fuori dal tempo e dallo spazio. Una casa, il dolce far niente davanti a un mare calmo, il mate bevuto sul divano davanti a un film e due amici che si scoprono attraverso un rapporto che ha il suono di una semplice risata.
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