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Dentro l’atelier di un genio | Quando Jean-Luc Godard finì alla Fondazione Prada

Il luogo sacro del regista? Ricreato a Milano. Tra corti e oggetti rari, un’esperienza memorabile

Jean Luc Godard
Jean Luc Godard

MILANO – Sì, varcando la soglia de Le studio d’Orphée, allestito presso la Fondazione Prada, si ha la sensazione di entrare in un luogo sacro, intoccabile. L’atelier di Jean-Luc Godard, così da lui stesso definito per sottolineare il carattere artigianale della sua attività, ricrea quello che era il suo luogo di lavoro e di vita, a Rolle in Svizzera. Ci si aspettava quasi di vederlo comparire da un momento all’altro, seduto sulla poltrona o alla scrivania, intento a concepire le sue opere, a sistemare il montaggio. Si ha quasi paura di disturbare. La possibilità di vedere da vicino l’ambiente che circonda uno dei geni della storia del cinema nel pieno del suo processo creativo, immaginare che quegli oggetti abbiano fatto da decorazione alla nascita di molte sue opere cinematografiche, è un’esperienza di enorme valore, difficile da articolare in parole.

Jean-Luc-Godard
Jean-Luc Godard. Le Studio d’Orphée

L’immersione nella visione di Godard è amplificata dai corti che si susseguono sullo schermo al centro della stanza, che il regista usò per lavoro. Forse meno conosciuti rispetto ai film che l’hanno consacrato alle vette del cinema, Fino all’ultimo respiro solo per citarne uno, ma infinitamente importanti. Testimoniano quello che viene definito il terzo periodo della cinematografia di Godard, caratterizzato da una sperimentazione tesa ad una critica delle immagini tramite le immagini stesse. Da On s’est tous défilés, Je vous salue Sarajevo e De l’origine du XXIème siècle a Une bonne à tout faire e Une catastrophe, passando per Les enfants jouent à la Russie, The Old Place, Liberté et Patrie e Vrai faux passeport.

Jean-Luc Godard
Lo studio di Jean-Luc Godard ricreato alla Fondazione Prada.

Tutti insieme formano un percorso che, tra associazioni di immagini e sovrapposizioni di episodi moderni e classici, porta all’ultima, grande creazione di Godard: Le livre d’image, presentato a Cannes quattro anni fa. Una riflessione sul cinema, sul ruolo che le immagini avevano, hanno e avranno, sulla fede nella loro potenzialità, a partire dalle scintille che partono dal fuoco sempre alimentato della storia del cinema. E all’inizio nell’ascensore della Torre, come un rito d’iniziazione, i visitatori possono ascoltare la colonna sonora di Histoire(s) du cinéma. Godard ci lavorò dal 1988 al 1998: dieci anni risultarono in una raccolta di estratti di film e giornali, romanzi, scritti filosofici e opere d’arte che vanno a formare, uniti, la storia della settima arte.

Jean-Luc Godard
Un altro scorcio dell’atelier di Godard

Proprio in Histoire(s) du cinèma il regista pronunciava una massima che riassumeva, in qualche modo, un verdetto sul cinema: «Anch’io avevo creduto per un momento che il cinema autorizzasse Orfeo a voltarsi senza far morire Euridice. Mi sono sbagliato. Orfeo dovrà pagare». Parole che celano in sé anche un significato più complesso e intrinseco, la correlazione tra il regista e il protagonista del mito greco, quella che diventa un continuo dialogo, che attinge allo stesso modo sia dalla vita che dall’immaginazione, in uno scambio reciproco tra esistenza e creazione artistica. Un’occasione unica, quindi, per sentirsi un po’ più vicini a una delle leggende del cinema, adesso che non c’è più…

 Il video di presentazione di Jean-Luc Godard. Le Studio d’Orphée

 

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