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Intrusion | Cliché, mistero e quei film che sminuiscono un genere

Una ragazza scomparsa e una coppia perfetta: perché il film di Adam Salky non funziona?

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Il banner di Intrusion

MILANO – Guardando Intrusion, il nuovo thriller targato Netflix diretto da Adam Salky e scritto da Chris Sparling, verrebbe da dire basta. Se Sparling ha fatto una carriera dipingendo case e luoghi che all’interno della storia assumono un qualche significato particolare indispensabile ai fini della trama (e Intrusion non fa eccezione), il film che ha creato per Adam Salky è solo uno dei tanti titoli che stanno appesantendo e sminuendo il genere. Lontano dal caos delle metropoli, l’ultra-moderna villa dove vivono i personaggi di Freida Pinto e Logan Marshall-Green – Meera e Henry – fa a pensare a tutt’altro che un thriller, un’atmosfera quasi idilliaca che però, sappiamo, è destinata ad essere distrutta.

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Freida Pinto è Meera in Intrusion

Inizia tutto con un’infrazione: una sera i due sposini, una psicanalista e un architetto, tornano a casa e scoprono che qualcuno vi si è introdotto, mettendo a soqquadro il soggiorno e lo studio. Dopo qualche giorno, i ladri entrano di nuovo ma vi trovano i padroni di casa e Henry uccide due dei tre malviventi. Da qui, Meera entra in un tunnel di confusione mentre cerca di fare luce su ciò che è successo, dopo che il marito non sembra avere alcuna reazione emotiva al fatto di aver ucciso due persone e dopo aver scoperto che i ladri erano la famiglia di una ragazzina scomparsa da qualche mese.

Una scena del film

Di chi ci si può fidare? Chi sta raccontando la verità e chi invece nasconde qualcosa, qualcosa di terribile? I personaggi sono davvero chi dicono di essere? Sono queste le domande che il film vuole insinuare nello spettatore, ma con scarsi risultati. Tra le performance, il ritmo della storia e la trama, non c’è una cosa in tutto il film che crei quel senso di inquietudine nello spettatore, gli faccia mangiare le unghie o sedere sul bordo della sedia per vedere come va a finire. Intrusion è lento, ma non è quella lentezza che funziona: a un certo punto, l’unica cosa che speriamo è di arrivare velocemente al punto, senza continuare a girarci intorno.

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Tra infrazioni e indagini: Intrusion

E per essere così lento e piatto, il film è pieno di cliché. Uno che nasconde chi è veramente, una che si improvvisa detective per caso compiendo nel frattempo innumerevoli errori, e i colpi di scena che dovrebbero essere tali ma non stupiscono poi più di tanto. Il film di Adam Salky cade irrimediabilmente vittima di una moda – o quantomeno quella che si spera essere una moda per non doverla chiamare decadenza – che ha preso piede in un genere che soffre già da anni.
Soprattutto se si contano i tanti film approdati sulla piattaforma, i thriller che lasciano a bocca aperta in quanto tali sono sempre meno.

Meera e Henry in una scena di Intrusion

Come tanti altri, anche questo si lascia guardare e, nel caos di movimenti di macchina che nascondono l’azione e rivelazioni che avrebbero potuto essere svelate dieci minuti prima, non è nemmeno da buttare via. Ma è proprio quest’aria che aleggia attorno al thriller il problema, come se il genere avesse per lo più smesso di provare a catturare lo spettatore. Si lascia semplicemente guardare, ma tutto finisce una volta passati i titoli di coda e non ne rimane niente. Certo, Intrusion non invoglia nemmeno a una seconda visione, ma questaa è un’altra storia. Intanto, speriamo che questa tendenza finisca.

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Qui potete vedere il trailer di Intrusion:

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