MILANO – Una base militare isolata nell’oceano Pacifico, una minaccia apocalittica agli Stati Uniti e una donna che, da sola, li deve difendere. Aggiungiamo un gruppo di terroristi americani che hanno tradito il proprio Paese, la Russia con le sue armi nucleari e tutta l’azione confinata in un’unica stanza di controllo: il risultato è Interceptor, il nuovo action-film targato Netflix diretto da Matthew Reilly, qui alla prima regia. Ah, non dimentichiamo anche il #MeToo e un’America fin troppo moderna per essere davvero dei giorni nostri, con una donna Presidente.

Interceptor è una delle due basi militari che possono intercettare i missili lanciati contro gli Stati Uniti e distruggerli. Quando la prima, Fort Greely, viene messa misteriosamente fuori uso, l’altra rimane l’unica postazione di difesa. In una serie di coincidenze – che coincidenze esattamente non sono, anche se il film le presenta così –, lo stesso giorno dalla Russia vengono rubati 16 missili nucleari. Sempre lo stesso giorno, il capitano JJ Collins (Elsa Pataky, presa in prestito alla saga di Fast & Furious) prende servizio alla fatidica base. Quante sono le probabilità che proprio in quella giornata un gruppo di terroristi abbia deciso di cancellare gli Stati Uniti dalla faccia della Terra?

Il film di Matthew Reilly si ispira alla lunga linea di disaster movies che riempiono il genere d’azione hollywoodiano su cui anche Netflix sembra aver puntato ma con risultati altalenanti. Nei primi secondi veniamo informati che un missile impiega ventiquattro minuti dalla Russia per raggiungere gli Stati Uniti, e virtualmente quello è il tempo in cui si concentra tutta l’azione del film. Ma in realtà, bastano anche pochi minuti di visione per inquadrare il tutto. Sarebbe stato perfetto se fosse un film degli anni Ottanta, dove l’azione si mescolava al melodramma, pieno di freddure e un’incredibile quantità di armi.

La parte più femminista è il motivo per cui Collins si trova sulla base. Dopo aver subito molestie da un suo superiore e aver provato a denunciarlo, i compagni dell’esercito le hanno voltato le spalle, isolandola e minacciandola. Il che poteva essere un ottimo punto di partenza per ricamare una storia di forza femminile. Ma il tutto viene trattato solo in superficie, e la storia si trasforma velocemente in un one woman show, in cui la donna si ritrova sola a difendere la postazione di controllo contro una dozzina di terroristi che mirano a colpire le principali città americane.

Le lotte corpo a corpo – per quanto esagerate – sono anche divertenti, ma perde un po’ di credibilità quando, in pieno stile B-movie, il pulsante che dovrebbe lanciare il contrattacco è un enorme bottone rosso con scritto “Lancio” a lettere cubitali. Interceptor cade vittima delle recenti tendenze dei film d’azione senza portare nulla di originale o accattivante in gioco. Anche l’ambientazione confinata a una sola stanza è difficile da reggere se la suspense e la storia non hanno il giusto ritmo e il film non riesce ad essere abbastanza attraente da evitare che a metà visione si stia già sperando in un cambio di scenario, uno qualsiasi. Perfetto da vedere quando si cerca qualcosa di non troppo impegnato, il primo film di Reilly purtroppo non riesce ad andare oltre le sue premesse.
Qui sotto potete vedere il trailer di Interceptor:
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