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Freaks Out e l’impresa di rendere unito (sui social e in sala) il cinema italiano

Registi, interpreti, addetti ai lavori, stampa e pubblico hanno abbracciato il film di Gabriele Mainetti

Freaks Out
"Rievochiamo Leone, qui a casa nostra..."

ROMA – Una mobilitazione così non si vedeva da anni. Un supporto sincero e spassionato verso un film come Freaks Out che, grazie alla visione e alla passione di Gabriele Mainetti, ha reso l’uscita un vero e proprio evento collettivo a cui hanno partecipato registi e autori, attrici e attori, giornalisti di settore e, naturalmente, il pubblico tornato a riempire le sale. Tutti, come si faceva una volta con il passaparola, hanno condiviso sui social le reactions (come si dice in gergo…), e ancora tutti hanno applaudito l’oggettiva bellezza del film. Dati alla mano, secondo Cinetel, dal 28 ottobre al 1 novembre quasi 140 mila persone (seconda media nazionale!) sono andate a vedere la pellicola di Mainetti (e scritta insieme a Nicola Guaglianone), con un incasso che ha sfiorato il milione. Ma, al netto delle fredde cifre, l’arrivo in sala di Freaks Out ha segnato qualcosa di importante per l’industria cinematografica italiana, risvegliata (forse) da un torpore che per anni ha inseguito (tranne rare eccezioni) sempre gli stessi schemi.

Freaks Out: le reaction via Instagram
Freaks Out: le reaction via Instagram

Andando a memoria, era da tempo che un nostro film non scatenasse un sostegno del genere, in un’eco che ha abbracciato diametralmente diverse platee. Comprese quelle giornalistiche che, escluse sparute e assurde recensioni negative e webmagazine in cerca di click, hanno lodato e amato l’opera, rimarcando il coraggio e l’abnegazione degli autori. Come fosse stato un fulmine, come se avesse risvegliato negli spettatori la voglia di ascoltare storie nuove, l’avventura dei quattro freaks (Aurora Giovinazzo, Giancarlo Marini, Claudio Santamaria, Pietro Castellitto) nella Roma occupata del 1943 ha dimostrato quanto il cinema sia ancora il mezzo artistico più potente, quello che avvicina e rende il buio magico della sala un’esperienza sociale, in cui si ride e si piange insieme. E non solo.

Il (quasi) selfie di Nicola Guaglianone nal cinema UCI Lux di Roma
Il (quasi) selfie di Nicola Guaglianone nal cinema UCI Luxe Maximo di Roma

Perché Freaks Out ha dimostrato in modo marcato che un cinema italiano è possibile e doveroso, e l’applauso unanime (cosa non scontata) dei produttori e dei registi ci spinge a sottolineare il concetto di quanto oggi sia fondamentale remare tutti dalla stessa parte. Insomma, di fare squadra, di credere che l’unione faccia la forza, lasciando da parte formati standard, concorrenze e invide che per decenni hanno cristallizzato e annegato l’intera filiale. L’invasione dello streaming ha cambiato – in Italia, sopratutto – la percezione generale del cinema, e allora il tripudio attorno all’uscita del film deve far riflettere sulla vitale necessità di cambiare strada, con le produzioni che devono (devono!) puntare a quel pubblico cinefilo, trasversale e appassionato che sa riconoscere (e pretende) la qualità, magari dosando l’offerta con uno sguardo rivolto all’esterno. Via social sembra che il concetto sia chiaro, ora speriamo solo che il secondo film di Mainetti non sia la (splendida) eccezione che conferma una regola nociva, passiva e decisamente obsoleta. Dunque sì, lo ripetiamo: prendete esempio da Freaks Out.

Qui la nostra intervista a Gabriele Mainetti:

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