MILANO – Nanterre, seconda metà degli anni Ottanta. Tanti ventenni sono pervasi dal fuoco della recitazione e vogliono entrare in quella scuola intorno a cui ruota il teatro francese: il Théâtre des Amandiers, diretto dal carismatico Patrice Chéreau. Così inizia la carriera di Valeria Bruni Tedeschi e la sua ultima regia, Forever Young – Les Amandiers, in cui continua ad essere «Un’attrice che dirige film» nella forma a lei congeniale dell’autobiografia romanzata. Opera della maturità artistica da regista e finora il suo sforzo di direzione più compiuto, rappresenta il primo caso in cui la Bruni Tedeschi non si auto-dirige. Qui lascia spazio ad un cast di giovani attori talentuosi e promettenti proprio come sono stati i suoi compagni di corso in quegli anni tribolati e impulsivi. E nella magia dell’evocazione filmica del suo cinema fa anche coesistere sullo schermo i compagni di allora con le loro rappresentazioni sullo schermo, in un affascinante gioco meta-cinematografico.
È commovente la vitalità di quei ventenni vogliosi di vivere, di sperimentare, di cadere nella speranza di rialzarsi e di amare, pur con tutti i rischi della promiscuità. Catturare con le parole l’intensità delle immagini e delle emozioni di Forever Young (lo trovate su NOWTv e Prime Video) non è cosa facile, soprattutto per la coralità dell’affresco della regista. Eppure, anche nella complessità dei tempi e delle relazioni che narra, il suo ultimo film non dà mai l’impressione della sovrabbondanza. C’è la solitudine, c’è la fragilità, c’è l’insostenibile leggerezza dell’essere teatranti, c’è la bellezza della libertà, così come il fantasma dell’AIDS, ma c’è soprattutto una rappresentazione generosa di quella peculiare generazione, tenera e dolce nella comparazione con quelle che seguiranno.
Valeria Bruni Tedeschi mette insieme esperienze proprie e delle fidate co-sceneggiatrici Noémie Lvovsky e Agnès de Sacy, dando però poi vita ad un amarcord sempre in grado di contaminarsi e prendere vie inaspettate al fine di incontrare la sensibilità dei suoi attori. La sua formazione di attrice, come lei stessa ha ammesso all’anteprima in cui l’abbiamo incontrata, permea la sua esperienza di regista e la porta, dunque, ad essere “regista di attori”. Ecco, dunque, che Bruni Tedeschi indaga la verità dell’attore, ancor prima che preoccuparsi di rappresentare fedelmente colei o colui che l’attore sta evocando. Il Patrice Chéreau di Louis Garrel, unica vera star del cast, porta con sé tanto l’anima del talentuoso e travagliato regista, quanto quella di Garrel e lo stesso potrebbe applicarsi agli altri personaggi. Attraverso il suo cinema e qui in maniera ancor più potente, Valeria ricrea con l’arte la magia della vita e rievoca il dolore della morte, complice la scelta di sublimare se stessa nelle vesti dell’alter ego di Stella (la sorprendente Nadia Tereszkiewicz).
Forever Young è una visione alla quale non si può restare indifferenti e sarebbe caldamente consigliato approfittare della sua presenza in sala dall’1 dicembre per goderne appieno. Essendo un film che si nutre di condivisione, quella tra le sceneggiatrici, quella tra gli aspiranti attori del Théâtre des Amandiers, quella tra loro stessi e la loro più giovane evocazione, quella tra i giovani attori del cast, non potrà che essere altrettanto condivisa l’esperienza di chi raggiungerà la sala per vivere Forever Young. E accanto all’urgenza della condivisione, la granularità dell’immagine nostalgica nell’encomiabile lavoro di Julien Poupard, già direttore della fotografia di Les Misérables, richiede assolutamente una poltrona in sala per essere apprezzata al meglio. Correte dunque a tuffarvi in un amarcord da cui imparare a crescere in tandem con l’Arte e con la Vita.
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Qui sotto potete vedere il trailer di Forever Young:
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