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Why Didn’t You Stay For Me? | Quando un documentario cerca di filmare l’infilmabile

Al DocuDonna di Massa Marittima una devastante opera di Milou Gevers sul suicidio. E su chi resta…

Un dettaglio animato di Why Didn’t You Stay For Me?
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MILANO – Abituati sempre più a visioni confortevoli, ad algoritmi che appiattiscono il gusto e a film o serie che ci accompagnano, ma non ci sfidano mai, trovarsi di fronte a un documentario breve come Why Didn’t You Stay For Me? è semplicemente devastante. È un’esperienza che non coinvolge solo sguardo e cervello, ma l’intero corpo, che viene scosso quasi ad ogni secondo dei venticinque minuti della durata. Ma cos’è precisamente Why Didn’t You Stay For Me? Presentato alla terza edizione del DocuDonna di Massa Marittima, in scena dall’8 al 10 ottobre, è una sorta di esperimento (riuscitissimo) firmato da Milou Gevers, regista olandese che decide di mettere in scena un incubo personale cercando di raccontare l’infilmabile.

Un dettaglio animato di Why didn’t you stay here for me?

La madre di Milou si è suicidata, così lei decide di incontrare e intervistare quattro bambini che hanno dovuto subire lo stesso trauma. Quattro bambini. Una regista. Una telecamera. Un’esperienza simile. I bambini si trovano così davanti a domande che nessuno ha osato fare loro e Why Didn’t You Stay For Me? si trasforma da incubo in viaggio, pura psicanalisi in cui tutti fanno esplodere i loro demoni. Possibile? Sì. Una visione a tratti insostenibile, va detto, ma che la regista ha il grande merito di aiutare con capitoli e animazioni curatissime che riflettono lo stato d’animo di chi parla, momento per momento: come affrontare il mondo quando il mondo ti crolla addosso? Come dare voce a qualcosa di così orrendo?

Un’altra immagine animata del documentario.

Ed ecco che irrompe la vita, che – esattamente come i fiumi – conosce sempre e solo una direzione: in avanti. Così procede e continua. Inesorabile. Costante. Anche se vorremmo che tutto si fermasse. Anche se vorremmo che il mondo prendesse fuoco e si bloccasse per sempre. E allora ecco la Gevers filmare – con grazia rara, non era semplice – questi quattro meravigliosi bambini che continuano a vivere e splendere, nonostante tutto, con i loro appuntamenti e i loro spazzolini, con i compiti e gli amici, le preoccupazioni e le biciclette. Con tutto quello che resta addosso. Che dev’essere abbastanza. Che sarà abbastanza.

La scritta iniziale che appare nel documentario.

In mezzo ai ricordi, agli oggetti di chi non c’è più e al dolore profondo che gira nel cuore come una coltellata, ecco rinascere le speranze di questi bambini e della stessa Milou – di cui ascoltiamo la voce – tutti impegnati nello stesso viaggio, un passo alla volta, attenti a non precipitare, attenti al baratro che sta lì sotto. Una visione sfidante che scuote completamente lo spettatore – travolto da un’onda di emozioni difficilmente gestibile – che però alla fine risulta quasi miracolosa proprio perché necessaria. E alla fine, con le lacrime agli occhi e il fazzoletto in mano, non ci servono più nemmeno gli Avengers, perché i nostri nuovi supereroi hanno un nuovo nome e si chiamano Hessel, Annabel, Rebekka e Stef.

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  • IL TRAILER | Qui il trailer di Why Didn’t You Stay For Me?

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