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Daniele Pignatelli: «La speranza sono le nuove generazioni, dobbiamo ascoltarle»

L’innovazione tecnologica, l’agricoltura e i giovani: Daniele Pignatelli racconta il corto L’Altra Terra

daniele pignatelli
Daniele Pignatelli con cast e produzione de L'altra terra al Giffoni

SALERNO – «Sono molto contento e onorato di partecipare al Giffoni con una produzione di Giffoni Innovation Hub e Bayer, perché come sappiamo tutti era il festival preferito di Truffaut e quindi è un onore essere qui». È Daniele Pignatelli – qui il suo sito – che ci racconta questo dal Giffoni Film Festival, dove ha presentato il cortometraggio L’altra terra, su ricerca, innovazione e sostenibilità agricola. Mossi da uno studio realizzato sui ragazzi tra i 18 e i 28 anni, Bayer ha voluto porre l’accento su tutti quei giovani che decidono di tornare nelle campagne, portando con sé le nuove tecnologie agricole. Temi assolutamente attuali e impellenti per salvare il pianeta, parte di una lotta più grande alla quale tutti siamo chiamati. Ecco allora la nostra chiacchierata con il regista, con cui abbiamo parlato della storia dietro il film, della collaborazione con Bayer e dei suoi registi preferiti, tra Cassavetes e Truffaut.

BAYER – «L’altra terra nasce perché, tra i miei vari film, ne ho iniziato uno nel 2015 che si chiama La lettera. Nel carcere di massima sicurezza di Opera, vicino a Milano, tre detenuti per omicidio e associazione mafiosa, quindi ergastolani, sono stati scelti per mettere in piedi all’interno del carcere un laboratorio dove con le loro mani un tempo sporche di sangue producono artigianalmente ostie che poi diventano il corpo di Cristo nelle chiese di tutto il mondo. Per finire il film ci mancava un finanziamento e sono entrato in contatto con la Bayer, che lo ha visto e gli è piaciuto moltissimo. E da lì sono rimasto legato alla Bayer, che ha apprezzato molto il mio lavoro. Quest’anno Giffoni ha chiesto loro se avevano in mente qualche regista e hanno proposto me. Sono andati a vedere i miei lavori e mi hanno affidato il progetto. Questo film è un record perché noi abbiamo iniziato a girare il 6 luglio, oggi è il 25. Abbiamo girato tre giorni in Salento e siamo passati subito in post-produzione. È stata una corsa emozionante.»

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L’incontro a Giffoni con Bayer e Daniele Pignatelli per L’altra terra

LA STORIA – «La storia è stata scritta dal grandissimo sceneggiatore e scrittore Manlio Castagna, che ha molta esperienza e una grossa poetica nella quale mi sono riconosciuto. Quando mi è arrivato lo script mi è piaciuto subito, a parte il finale sul quale ci siamo confrontati. L’argomento non è facile, tra il ritorno alla terra e l’innovazione tecnologica in agricoltura, il passaggio generazionale, la tradizione e le radici. Lui però è riuscito in poche pagine a raccontare tutto questo. Il film inizia nel passato, una ventina d’anni fa, con una bambina, Sofia, che viene accompagnata dai genitori nella masseria in campagna dai nonni e rinuncia ad andare a fare il primo bagno in mare per entrare nella casa dei nonni e per lei è come entrare nel paese delle meraviglie, uno rurale. Dopo il colloquio con la nonna, nasce in lei una specie di seme che le rimarrà per sempre. Noi lo raccontiamo attraverso lei da adulta, intervistata da un giornalista. Lavorare in queste condizioni, con poco tempo, è il mio ideale, perché per me l’istinto è importante. Il rischio quando si fa un film così è che sia bello “ma”, invece la Bayer lo ha apprezzato moltissimo, senza ma.»

Una scena de L’altra terra di Daniele Pignatelli

GIOVANI E TERRA – «Il film parla molto apertamente di un argomento attuale che è il riscatto generazionale. Una volta, ai tempi, il riscatto era che tu te ne andavi, emigravi in America o in Germania in cerca di fortuna. Invece adesso è tornare o rimanere qui. Molti dei nuovi laureati – e questa è una ricerca della Bayer e il motivo per cui ha voluto realizzare il film – tornano all’agricoltura. E in un momento come questo, in cui il pianeta è quasi spacciato, il fatto che loro tornino alla terra, che è la base di tutto, è importantissimo. L’80% sono maschi, e quello che sta cercando di fare la Bayer è portare in agraria anche le giovani neolaureate. Questo discorso sui giovani, non c’è posto migliore al mondo del Giffoni per farlo. Sicuramente è stato passato un limite, però l’energia dei giovani che vediamo qui è l’ultima speranza. Non provarci sarebbe assurdo e, non a caso, chi si è occupato per primo del pianeta è una ragazzina, Greta Thunberg. La speranza è questa, imparare dalle nuove generazioni. Se gli diamo ascolto forse c’è ancora una possibilità e, nel nostro piccolo, il nostro film parla di questo.»

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Una scena di Café de flore, uno dei film amati da Daniele Pignatelli

REGISTI PREFERITI – «Il mio punto di riferimento principale è sempre stato John Cassavetes, per il suo cinema indipendente, la priorità alla storia, il fatto che la tecnica e i soldi hanno poco a che vedere con i contenuti. Un altro di riferimento è Truffaut, a cui mi sono ispirato per il film che ho girato in pandemia, Nuovo Cinema Paravirus. È un film che parla proprio del cinema: le sale sono chiuse, i set sono bloccati, il cinema non può più creare nuovi sogni e allora scrive una videolettera a noi umani. Prima di girare ho visto in televisione il documentario sull’intervista di Truffaut a Hitchcock, e l’ispirazione è stata immedita. Ma adoro anche Tarkovskij, e Paradžanov è sempre stato nel mio cuore.»

FILM DEL CUORE – «I miei film preferiti? Parlando di Truffaut, La signora della porta accanto. Mariti di Cassavetes, Il clan dei siciliani, L’infanzia di Ivan di Tarkovskij, adoro Sideways di Alexander Payne, che trovo una commedia perfetta. Ultimamente ho riscoperto un regista vivente straordinario, Jean Marc-Vallé, canadese, e ha fatto secondo me un capolavoro assoluto che è Café de flore. Io non ne avevo mai sentito parlare e mi ha sconvolto per la libertà con cui racconta questa storia che si svolge tra gli anni Sessanta a Parigi e ai giorni nostri a Montreal.»

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