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Cronache di Amebò e un viaggio a fumetti contro la noia quotidiana

Valentina Patete, nuova matita dei comics italiani, ci ha raccontato la sua prima graphic novel

L'autoritratto di Valentina Patete, autrice di Cronache di Amebò
L'autoritratto di Valentina Patete, autrice di Cronache di Amebò

ROMA – Nel leggere il plot di Cronache di Amebò ci è venuto subito in mente L’Incredibile Storia dell’Isola delle Rose. Perché? Semplice, sia la graphic novel sia il film parlano di un ipotetico mondo (ri)creato da un’altra parte, per mezzo di sognatori stanchi della routine. Da una parte un’isola al largo dell’Adriatico, dall’altra un pianeta, costruito anni-luce dalla Terra. Dietro il fumetto una giovane autrice, Valentina Patete, che grazie ad Eris Edizioni è riuscita nel sogno di realizzare e pubblicare la prima graphic novel (dal 6 luglio in libreria). E, noi di Hot Corn, da sempre attenti al mondo del fumetto italiano (date uno sguardo alla nostra rubrica, ComicCorn), abbiamo conversato con Valentina, che ci ha raccontato il suo percorso e le sue ispirazioni. Anche cinematografiche. “Il protagonista, Dottor Trap, scappa dalla Terra e crea un’umanità fatta di rifiuti e resti da un’altra parte. Questa è la storia principale, ma il fumetto è suddiviso in dieci capitoli che poi confluiscono nel finale. Il fatto che sia scocciato e annoiato riprende un po’ le mie caratteristiche, abito a Isernia, una città piccola molisana che ti fa sentire incanalata, come se fossi sotto una campana di vetro».

Cronache di Amebò
Cronache di Amebò

“Cronache di Amebò è nato durante l’Inktober: trenta disegni per trenta giorni in base a trenta parole diverse. Mi sono accorta che insieme potevano essere una storia”, prosegue Valentina Patete, “Le tavole poi l’ho mostrate all’ARF, nel 2018. Grazie a loro sono riuscita ad incontrare Eris Edizioni. Infatti la difficoltà non è tanto nel realizzarlo, ma la cosa difficile è proporlo, avere contatti”. Nella graphic novel ci sono passaggi onirici, a tratti grotteschi, enfatizzati dai colori saturi che danno la tinta ai protagonisti: oggetti, animali e strane figure antropomorfe che ricordano l’animazione contemporanea. “Le citazioni a Bojack Horseman? È vero, me lo hanno detto in molti. Ci sono animali antropomorfi, ma i miei sono più degli… esseri. Ho attinto da molti autori, e devo dire che sì, un giorno mi piacerebbe creare una serie tv animata”, continua l’artista.

cronache di amebò
Altre due tavole del fumetto

Ma come si realizza un fumetto in Italia? Valentina è molto chiara: “Non so come andrà, e ci vuole anche una buona dose di fortuna. Non è facile e non è facile in Italia, questo mi spinge a pensare che magari non farò sempre la fumettista. Pubblicare non basta, e il fumettista qui ha sempre un secondo lavoro. Tant’è che sto pensando ai libri illustrati per bambini. Ah, non in Italia, ma in Polonia…”. La fumettista, poi, ci racconta com’è nato l’amore per il disegno, e della difficoltà incontrata durante gli studi. “A Napoli, dove ho studiato, ho vissuto bene ma anche male l’esperienza, perché era era tutta improntata sulla serialità e sull’impronta di Bonelli. E ho notato che c’è differenza tra il professionista e l’insegnante, ho avuto difficoltà ad essere incanalata nel mio mondo. Mentre il professore dovrebbe aiutare i ragazzi a prendere la loro di strada. Ma sono contenta che anche in Italia abbia preso piede la graphic novel”.

cronache di amebò
Lo stile di Valentina Patete

Come detto Cronache di Amebò è ricco di citazioni, e i riferimenti di Valentina sono mescolati tra le diverse tavole e nelle diverse svolte narrative. “Seguo e ammiro diversi autori italiani. Penso a Davide Bart Salvemini, Matteo Guarnaccia, autore di punta Feltrinelli, oppure Adam Tempesta, sempre di Eris, oppure Nova di Bao e poi adoro Martoz. Nella mia graphic novel ci sono degli omaggi, in particolar modo musicali. Nella prima storia c’è la trap, e poi via via altre citazioni ai De La Soul, ai A Tribe Called Quest, ai Thievery Corporation e al rap di Akua Naru. Di serie tv ne vedo molte e il rimando è al bagaglio che ho in testa, anche come movimenti e come sequenze. Tra tutte però dico Sailor Moon e Dragon Ball. Troverete delle citazioni”. E allora l’ultima battuta non poteva che andare ai ricordi lontani, e a quella necessità: “Ti racconto una cosa: Dylan Dog lo aprivo solo per le scene di nudo, per apprezzarne il tratto, ma l’amore per il fumetto mi è venuto in accademia, perché lì è nata l’esigenza di raccontare qualcosa”.

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