Damiano Panattoni ROMA – Mancava da un po’, al cinema, Andrea Arnold. Mancava dal 2016, quando scrisse e diresse un film che, più che altro, è una folgorazione. Di quale parliamo? Di American Honey con Sasha Lane e Shia LaBeouf, che inseguiva la vita di una ragazza che attraversava il Midwest con una carovana di ragazzi, puntando dritta verso un futuro spezzato. Cinque anni dopo, la regista di Dartford torna a Cannes (eh già, perché anche America Honey era passato sulla Croisette) portando con sé il docu-film Cow, inserito nella nuova sezione Cannes Premiere che, appunto, abbraccia gli affezionati del Festival. Dunque, l’avrete capito dal titolo, il documentario gira attorno a due mucche da latte. Come dichiarato dalla Arnold, questo “È un film sulla vita reale di una vacca da latte, e sottolinea il riconoscimento al suo grande servizio per noi. E quando guardo Luma, la nostra mucca, vedo in lei l’intero mondo…”.
“L’amore per gli animali era qualcosa di molto istintivo, naturale e onesto. E il mio rapporto con la natura da bambina non era solo romantico e stravagante. È stato coinvolgente. C’era sia gioia che dolore. Era reale”, prosegue la Arnold in un editoriale da lei firmato per The Guardian. Che le stesse particolarmente a cuore il mondo animale – e criticasse aspramente gli allevamenti intensivi – lo avevamo già capito con forza proprio in America Honey, quando Sasha Lane inconsapevolmente si accorge di essere salita su un tir carico di maiali stipati. Dal suo sguardo – ferito e interdetto – comprendiamo che è anche e soprattutto lo sguardo di Andrea Arnold, rivolto con empatia e pietà verso un mondo vivo e senziente costretto a immani e atroci sofferenze. E infatti, Cow, che è stato già pre-venduto in tutto il mondo da Mk2 Films (e in UK, Irlanda e Turchia è distribuito da MUBI), ha avuto una gestazione durata ben sei anni. E chissà, magari proprio grazie a quella scena in American Honey ha avuto la scintilla che l’ha spinta a mettere in scena la favola umana e animale di Cow.
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