ROMA – Prendete David Lynch, mescolatelo con qualche visione di M. Night Shyamalan e aggiungeteci un pizzico di cinema noir della vecchia Hollywood. Ecco, forse solo così riuscirete a intuire cos’è esattamente Silent River, nuovo film diretto da Chris Chan Lee e ora arrivato anche in Italia, in streaming sulla piattaforma The Film Club. La storia? Quella di Elliot (interpretato da West Liang), che nel disperato tentativo di riconciliarsi con la sua ex moglie, si ferma in un motel nel deserto dove incontra Greta (Amy Tsang), una donna misteriosa in fuga da un misterioso passato. Cosa accadrà? Abbiamo raggiunto Chris Chan Lee per capire da dove sia nata questa storia affascinante quanto oscura e per chiedergli quali siano i riferimenti del suo cinema…
L’ISPIRAZIONE – «Ho scoperto di gravitare, inconsciamente, verso personaggi che provano una passione non corrisposta per altri, in una ricerca irrisolta. Vivendo a Los Angeles, un giorno ho incontrato West Liang e abbiamo avuto alcune conversazioni sui tipi di film e idee che ci ispiravano. So cosa significa avere rimpianti per una relazione fallita, credo sia universale per la maggior parte delle persone, un’esperienza emotiva che tutti condividiamo. Ecco, so che Silent River è una visione impegnativa per lo spettatore ed è un’esperienza soggettiva. Ovviamente è stato intenzionale: la storia è stata descritta in modo tale da indurre lo spettatore a impegnarsi a capire, a spingerlo verso un desiderio di comprensione. Sul set abbiamo creato un mondo con le sue regole e le abbiamo rispettate dall’inizio alla fine, incoraggiando gli spettatori a portare le proprie esperienze di vita sull’amore mentre guardano – e vivono – il film».
IL CAST – «Come detto, vedevo West (Liang, nda) di tanto in tanto a Los Angeles. Sono sempre alla ricerca di nuovi talenti e ho visto molta passione da parte sua e alcune caratteristiche che ho poi portato mentre scrivevo la sceneggiatura. West mi ha presentato Amy Tsang. Abbiamo avuto un breve incontro e ho capito subito che era la scelta giusta per il personaggio di Greta. Nel corso degli anni, ho imparato a fidarmi del mio istinto, e in questo caso sono stato fortunato, perché Amy ha contribuito in molti modi, facendo i costumi, fornendo l’abbigliamento e contribuendo in modo significativo all’estetica del film. È anche importante dire che con il terzo protagonista, Max Faugno, che interpreta P2, ho lavorato vent’anni fa nel mio secondo film, Undoing. Durante il casting di Undoing, sono rimasto sbalordito dalla sua immaginazione. Tuttavia, durante le riprese, ogni volta che arrivava dovevamo saltare la sua scena, ma l’impressione che mi ha lasciato è stata indelebile. Fortunatamente, grazie ai social, sono riuscito a ritrovarlo. West e Amy mi hanno anche presentato Dakota Loesch e Chandra Anderson, e ci tengo a sottolineare che tutto il cast e la troupe sono stati incredibilmente generosi con il progetto».
I RIFERIMENTI – «A dire il vero, ho cercato di trovare riferimenti mentre scrivevo, ma è stato difficile. Volevo girare qualcosa di originale. Eravamo una produzione indipendente, con nessuna speranza di competere con grandi registi e budget. La mia scelta è stata quella di fare qualcosa dove le risorse non fossero rilevanti. Nessuno al mondo avrebbe potuto fare lo stesso film che ha fatto il nostro team. È stata una cosa personale, creata da un team di creativi che non avrebbero mai potuto eseguire la stessa cosa con nessun altro. Ho ricoperto non solo il ruolo di regista, ma anche di sceneggiatore, produttore, supervisore del post e montatore. Questo mi ha dato molto controllo durante l’intero processo. Inoltre, nel corso degli anni, sono riuscito a raccogliere un team di persone talentuose che hanno messo la loro identità nel film. Tra questi, il direttore della fotografia Norbert Shieh, che ha un gusto e una capacità immensi come artista e una straordinaria etica del lavoro. Dietro le quinte non è possibile non menzionare il team di business con la loro expertise nella gestione dei progetti, come il produttore esecutivo Philip Lam e il produttore Robert Cho. Lui e tutto il team hanno reso possibile questo sforzo rischioso».
I REGISTI DEL CUORE – «Vedere Velluto Blu di David Lynch da adolescente in una sala quasi vuota mi ha fatto venire voglia di fare il regista. La sua capacità di creare un mondo con il proprio vocabolario, ma di riuscire comunque a connettersi con il pubblico è stupefacente. Quando andavo a scuola di cinema a Los Angeles, sono stato ispirato dai grandi come Bertolucci, dopo aver visto Il Conformista in una splendida versione restaurata in 35mm. Mi ha insegnato molto su come il cinema possa essere audace. Ladri di biciclette di De Sica è uno dei film più toccanti sul rapporto padre/figlio di tutti i tempi. E 8 ½ di Fellini? Favoloso. I miei due riferimenti per Silent River sono stati però Shining di Stanley Kubrick per i temi di isolamento in un hotel (ride), e la follia e Possession di Andrzej Zulawski, con Isabelle Adjani. L’ho visto su un Blu-ray restaurato e mi ha rafforzato la convinzione che non ci sono regole. L’unico limite è l’immaginazione. I registi e gli attori possono essere audaci e spingersi ovunque. Mi piace anche il lavoro di Lanthimos. L’industria cinematografica è molto sfidante oggi a causa delle piattaforme che competono per coinvolgere l’attenzione del pubblico, ma ci sono più cineasti talentuosi e interessanti oggi che mai».
LA COLONNA SONORA – «Nel 2014 stavo girando Jasmine, diretto dal mio amico Dax Phelan, su cui ho lavorato come montatore, produttore e supervisore. Brian Ralston era spesso nel nostro gruppo perché un’amica, Lisa Fowle, era sound designer. Abbiamo sviluppato una amicizia inaspettata e così, quando Silent River ha cominciato a prendere forma, il mio istinto è stato di provare a coinvolgerlo come compositore. Non è stata una scelta facile. Sono stato fortunato a lavorare con compositori meravigliosi in ogni mio film e mi piace continuare, ma il mio istinto mi diceva che Brian era la scelta giusta. Credo che l’80 % del dirigere non consista nel dire alle persone cosa fare, ma nel scegliere le persone giuste. E poi permettere loro di fare il loro miglior lavoro, costruendo fiducia e rispetto. Ho molte aree di competenza nel cinema, ma spesso mi sento intimidito dal lavoro musicale. Mi aspettavo che sarebbe stato difficile comunicare le mie idee a Brian e mi aspettavo molte prove e revisioni noiose. Invece è stato incredibilmente facile».
IL MIO VIAGGIO – «Quando stavo girando Yellow, la gente mi diceva che ero pazzo, che nessuno sarebbe venuto a vedere un film su un gruppo di adolescenti asiatici-americani. Ma io vedevo molte opportunità e per essere un piccolo film, ha avuto un successo incredibile. Siamo stati il film numero 1 in alcune sale e siamo stati nelle sale per 9 settimane negli Stati Uniti. Yellow è stato raccomandato da critici come Roger Ebert e Kevin Thomas e mi ha permesso di avere una carriera da regista. Per quanto ne sia orgoglioso, dopo averlo guardato mille volte è difficile per me rivederlo (ride, nda). Sono evoluto e cambiato, voglio sempre esplorare nuovi territori. Facevo film sull’identità asiatico-americana decenni prima che diventasse un concetto comune, con alcune eccezioni come il grande Wayne Wang, che ha realizzato molti anni fa opere come Chan is Missing e Il circolo della fortuna e della felicità. Quindi come regista sono diventato più sicuro e più audace nelle mie scelte. Ho imparato a fidarmi di più dei miei istinti e della mia sensibilità, ad abbracciare la mia voce come creatore e a lasciare che il mio team si impegni a portare avanti altre idee come co-registi e attori».
- VIDEO | Qui il trailer di Silent River:
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