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Bergman Island | Tra realtà e finzione sull’isola di Fårö, la Cinecittà di Ingmar Bergman

Un’isola e un regista immortale: Mia Hansen-Løve porta a Cannes l’eredità del grande cineasta svedese

bergman island

MILANO – La regista francese Mia Hansen-Løve non è certo estranea al Festival di Cannes. Vi ha infatti debuttato nel 2007 nella Quinzaine des Réalisateurs, con il cortometraggio Tout est pardonné, e poi nel 2009 quando, con la sua opera seconda Il padre dei miei figli, si è aggiudicata il Premio Speciale della Giuria nella sezione Un Certain Regard. Ora torna al Festival, e direttamente in concorso per la Palma d’Oro, con il suo primo film girato in lingua inglese, Bergman Island. Anche questo tra i tanti titoli bloccati causa pandemia, il film rende omaggio a uno dei più grandi registi della storia del cinema: Ingmar Bergman. Ed è già uno dei film più attesi.

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I protagonisti di Bergman Island

Una lavorazione piuttosto lunga e un cast non da poco – con Vicky Krieps, Tim Roth e Mia Wasikowska – per un film nel film. Un film che parla di cinema. Bergman Island è ambientato nella famosa isola di Fårö, al largo delle coste della Svezia. Un luogo ben noto a Mia Hansen-Løve, che da anni ormai vi fa visita, e che, soprattutto, per vent’anni è stata la seconda casa del leggendario regista svedese. Lì, Bergman trovava la pace, la tranquillità e l’ispirazione per le sue opere. Dagli abitanti è conosciuta come l’isola delle capre, per la grande quantità di greggi che vi pascolano, ma universalmente è stata rinominata come la “Cinecittà di Ingmar Bergman”.

Bergman Island, sull’isola di Fårö

Il suo mare, le sue coste e i paesaggi hanno visto nascere capolavori come Persona, L’ora del lupo, Come in uno specchio e Scene di un matrimonio. Ed è proprio qui che i due protagonisti del film della Hansen-Løve si recano: stanno scrivendo una sceneggiatura sulla vita del regista, e vogliono ripercorrerne le tracce e l’estro artistico. Ma i paesaggi aridi e suggestivi dell’isola possono essere pericolosi e presto, per i due cineasti, il confine tra realtà e finzione sfugge alla loro presa. È un tema ricorrente, quello della perdita e del sogno, nella filmografia della regista. Quella finzione che si insinua tra le pieghe della realtà e si camuffa da ricerca della verità.

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Mia Wasikowska in Bergman Island

Mia Hansen-Løve, reduce da un Orso d’Argento a Berlino nel 2016 per Le cose che verrano, conferma il suo particolare talento di imprimere dentro la macchina da presa corpi, oggetti e luoghi, che assumono un’altra valenza rispetto a quella reale e offrono una via di fuga allo smarrimento e al dolore dell’esistenza. È un po’ quello che ha raccontato lo stesso Bergman nei suoi film, in fondo. Bergman Island è innanzitutto un film fatto per il cinema. Un omaggio, anche, e una lettera d’amore all’eredità del grande cineasta svedese, della cui essenza i luoghi dell’isola di Fårö sono ancora pregni.

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