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Avatar – La via dell’acqua | E se il sequel di James Cameron fosse migliore dell’originale?

Una lunga attesa per una favola ecologica che parla di famiglia e accettazione. Ma com’è Avatar 2?

Avatar – La via dell'acqua
La grande fuga: un dettaglio di Avatar – La via dell'acqua.

ROMA – Tredici anni. Tanti ne sono passati dall’uscita di Avatar. Un incasso globale di 3 miliardi di dollari per il film di maggiore incasso della storia del cinema, superato dieci anni dopo da Avengers: Endgame per tornare poi nuovamente in cima grazie ad una nuova, recente, distribuzione in sala. Era il 2009 e da allora il mondo – così come il cinema – è cambiato. Molto. Nel post COVID una cifra così alta per un singolo titolo è un traguardo impensabile. Tocca quindi nuovamente a James Cameron provare a replicare (e a salvare il cinema?) con il sequel, Avatar – La via dell’acqua, ora in sala, che è solo il primo di (addirittura) quattro sequel pensati proprio per ampliare e approfondire le tematiche di quel capitolo iniziale che fu capace di stupire grazie ad effetti speciali innovativi (e al defunto 3D) che mettevano in campo tecnologie mai viste.

Avatar – La via dell'acqua
Una scena di Avatar – La via dell’acqua

Con un budget che si aggira tra i 350 e 400 milioni di dollari, la posta in gioco è alta e, se il secondo e terzo capitolo non dovessero incassare abbastanza potremmo dire addio alla possibilità di vedere il quarto e il quinto film. Ma quella è un’altra storia. Scritto da Cameron con Rick Jaffa e Amanda Silver, Avatar – La via dell’acqua è ambientato a dieci anni di distanza dagli avvenimenti del primo film. Ritroviamo così Jake Sully (Sam Worthington) e Neytiri (Zoe Saldana), genitori, consapevoli che «la felicità è semplice». Ma non per molto: dal cielo arriva una vecchia minaccia e i Sully sono costretti ad abbandonare la loro casa e viaggiare lungo le distese di Pandora fino ad arrivare nel territorio dei Metkayina, un altro clan, che vive in armonia con l’oceano. A loro chiedono uturu, un rifugio. Qui la famiglia Sully dovrà imparare a confrontarsi con la comunità che li ospita e con la vita sotto la superficie dell’acqua.

Sigourney Weaver in un altro momento del film

Ed è proprio l’acqua l’elemento con cui James Cameron sembra essere più a suo agio. «L’acqua non ha inizio o fine. Il mare è intorno a te e dentro di te. Il mare è la tua casa prima della tua. L’acqua connette tutte le cose: la vita alla morte, il buio alla luce». Parole che il regista mette in bocca alla giovane Reya, figlia del capo del clan della barriera corallina Metkayina, ma che hanno anche un forte eco nell’attualità. Perché Avatar 2 nel mostrarci ecosistemi oceanici e creature marine in connessione con gli abitanti di Pandora sottolinea – ancora una volta – l’impronta ecologista del regista che ci trasporta in mondi alieni in cui la natura è venerata e rispettata sopra ogni cosa, con qualche momento che ricorda addirittura il cinema di Terrence Malik, da Tree Of Life in poi. La stessa natura che “gli uomini del cielo” – cioè noi – distruggono senza fermarsi a pensare alle conseguenze di azioni scellerate.

Avatar – La via dell'acqua
Un’altra scena di Avatar – La via dell’acqua

Se nel primo film c’era un disequilibrio tra trama – esile e, diciamocelo, molto simile a quella di Pocahontas e di Soldato Blu– ed effetti speciali all’avanguardia, in Avatar – La via dell’acqua il disequilibrio narrativo in parte rimane sempre – una minaccia umana costringe, ancora una volta, gli abitanti di Pandora alla fuga – ma è mitigato dall’introduzione di nuovi personaggi e linee narrative. Jake Sully non è più un uomo solo, spezzato nel corpo e nello spirito. Ora è un capofamiglia e questo permette a Cameron di costruire una trama verticale incentrata sul rapporto (spesso conflittuale) tra genitori e figli e sui cambiamenti dell’adolescenza (crisi identitarie annesse). “I Sully non si dividono”. E questa loro unione, scopriremo nel corso del film, è la loro più grande debolezza ma anche la loro più grande forza.

L’acqua, elemento fondamentale d Avatar 2

Un paragrafo a parte meritano poi gli effetti speciali. Se già da Abyss in poi Cameron ci aveva dato prova di non essere “solo” un regista ma anche un vero innovatore tecnologico, con Avatar – La via dell’acqua si ritaglia un altro posto in prima fila nella storia perché – piaccia o meno il film – visivamente è uno spettacolo mozzafiato, un tripudio di dettagli strabilianti. Girato in Nuova Zelanda, il film porta sullo schermo delle riprese subacquee realizzate con l’utilizzo della motion capture alternate a riprese live action. La resa è talmente realistica che spesso, nelle numerose sequenze dedicate alla natura o al mondo subacqueo, si ha l’impressione di assistere a dei passaggi documentaristici che il 3D amplifica ulteriormente.

La fuga dei Sully in una scena del film

Palesemente strutturato per aprire la strada ai capitolo futuri, Avatar 2 certifica anche – e in via definitiva – che James Cameron è davvero il re dei sequel. Dopo Aliens – Scontro Finale e Terminator 2 – Il giorno del giudizio, secondi capitoli migliori dell’originale, anche questo è narrativamente un passo avanti al predecessore e – sotto il profilo visivo – a livelli di spettacolarità mai visti prima. Un film che però parla anche di senso di appartenenza, non solo familiare, ma anche comunitario, del bisogno di essere visti (e accettati) e del dimostrarsi all’altezza delle aspettative di chi amiamo. Inoltre, per tutti i fan di Cameron e di Titanic, nella seconda e ultima parte c’è un omaggio e un (auto)citazionismo sfrenato al suo vecchio cult con Leonardo DiCaprio & Kate Winslet. Ma niente scialuppe di salvataggio o zattere di fortuna, solo la natura con le sue meravigliose creature…

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Qui sotto potete vedere il trailer di Avatar – La via dell’acqua:

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