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Amanda | Benedetta Porcaroli e quel (bel) film sul diritto all’irregolarità

Carolina Cavalli scrive e dirige il suo primo film, dimostrando un ottimo talento narrativo e visivo

Benedetta Porcaroli è Amanda nel film di Carolina Cavalli.

VENEZIA – Inflessioni di un cinema imprevedibile eppure ben definito nel tempo esatto di una nuova consapevolezza. Carolina Cavalli scrive e dirige il suo primo film, Amanda – che dopo il passaggio a Venezia uscirà ad ottobre – in stretta affinità con la protagonista che dà il titolo all’opera e che nel giro di due ore impariamo a capire, comprendere e forse anche ad amare. Perché il buon cinema, quello delle storie e dei personaggi, (ci) spinge ad indagare emozioni e riflessi che individuiamo in racconti che sembrano essere vicini allo spettro emotivo con cui filtriamo la vita. Ecco, la vita: quella che affronta Amanda, interpretata da Benedetta Porcaroli che, dopo diversi ruoli da co-protagonista, dimostra la sua bravura prendendo per mano un ruolo tutt’altro che facile. Amanda non ha amici, ma adora i cereali. Ha 24 anni e le piace il cinema, ma al cinema, di pomeriggio, ci va da sola.

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Benedetta Porcaroli in una scena del film

Da Parigi torna a casa dei genitori farmacisti, in un indefinito Nord Italia che la regista fotografa rifacendosi alle ombre di Edward Hopper, illuminate da un neon metropolitano che ricorda le atmosfere urbane del cinema indipendente americano. Amanda ha un rapporto difficile con sua sorella, non ha filtri e dice quello che pensa. Alle tre di notte cerca consigli facendo un giro su Chatroulette, ma l’unico che riceve arriva da una confezione di Coccoina parlante. Insomma, non il massimo. Dovrebbe sistemarsi, trovare uno scopo, magari un ragazzo, un lavoro. Ma Amanda è così, borderline e incomprensibile agli altri e forse anche a se stessa. Una protagonista che potrebbe essere lo specchio di una generazione persa e schiacciata dalle aspettative, ma il senso del film sembra essere – a più riprese – emotivamente più leggero, nonostante lo spaccato profondo della pellicola non sia certo lasciato al caso. In questo senso Amanda è il tono alternato del film.

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Galatéa Bellugi e Benedetta Porcaroli

Detta i tempi, i modi, i rapporti che (ri)troverà, provando a costruirsi quel posto nel mondo che potrebbe non essere quello gli altri vorrebbero. Quello che la società borghese – che la regista prende di mira, sfottendone i modi rigirati e ingolfati – si aspetterebbe da una ragazza come lei. Parallelamente, e con estenuante perseveranza, Amanda ricomincia tutti i giorni le sue giornate, girando nel tondo di un universo narrativo a volte sorprendente e a volte ingenuo, costruito da Carolina Cavalli come se stesse seguendo un flusso che prende via via un’inerzia che (ri)cerca il suo punto di equilibrio, a metà tra la formazione, la trasformazione e lo smaccato (e voluto?) naïf.

La vita secondo Amanda
La vita secondo Amanda?

Proprio come Amanda, che trova il suo respiro in un vecchio cavallo e in un’amica riabbracciata (Galatéa Bellugi, dalla faccia nordica e dal chiaro talento) e in qualche incontro (Michele Bravi, che faccia da cinema), consumando una rabbia costante eppure mai esasperata. Anzi, sorvolando l’atmosfera filmica così da superare una barriera irreale che la separa da quelle certezze sfocate che l’hanno accompagnata fin da piccola, quando sotto lo sguardo di una sorella maggiore (enfatizzata da un insopportabile e marcato accento milanese), tentò un bislacco suicidio. E il punto, alla fine di Amanda, oltre dimostrare il talento della Cavalli per una messa in scena cool quanto anarchica – e debitrice ad una certa cinematografia USA – si concentra proprio nella vivacità di una protagonista che resta impressa, che vorremmo abbracciare, confidandole che l’irregolarità, in un mondo ormai fermo nel nulla assoluto, è la cosa più bella che c’è…

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Qui la nostra intervista a Bendetta Porcaroli e Galatéa Bellugi:

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