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Alessandro Grande: «Regina? Un film che riflette sulla figura genitoriale»

Dopo il TFF38, il film con protagonisti Francesco Montanari e Ginevra Francesconi arriva su CHILI

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ROMA – Regina (Ginevra Francesconi) ha quindici anni. Vive da sola con suo padre Luigi (Francesco Montanari) da quando la madre è venuta a mancare. Lui le fa la tinta e lei le punture per il mal di schiena. Sono un microcosmo che funziona, tra complicità e affetto, ma in cui spesso i ruoli si invertono. Padre e figlia, poi, condividono la passione per la musica. Luigi ha dovuto abbandonare il sogno di diventare un bassista professionista da quando sono rimasti soli ma cerca di realizzare quello della figlia di diventare cantante. Il loro mondo implode quando un incidente del quale sono corresponsabili rischia di spezzare quel legame. Alessandro Grande debutta al lungometraggio con Regina, unico film italiano in Concorso al 38° Torino Film Festival – dopo il David di Donatello vinto per il per il corto Bismillh –, con un film che parla di senso di colpa e consapevolezza che trovate su CHILI.

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Ginevra Francesconi è Regina

«Il complesso di Telemaco è una delle tante letture che ho fatto per documentarmi con lo sceneggiatore prima di iniziare il film. Poi indagando, leggendo e vedendo film mi è rimasto molto impresso questo saggio di Massimo Recalcati che riflette sulla figura genitoriale di oggi incapace di prendersi le responsabilità. Era tutto più chiaro», ha raccontato il regista, «Siamo andati avanti con la convinzione di fare un film attuale che potesse parlare di una problematica reale. Regina come Telemaco aspetta suo padre sulle rive del fiume per poter riportare l’autorità in casa. Questa scomparsa è fondamentale per arrivare all’incontro finale che porterà a una nuova vita per entrambi».

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Una scena del film

Ambientato in una Calabria che rifugge gli stereotipi – niente coppole, arance, spiagge o abusivismo edilizio per intenderci – Regina mostra una terra dai colori più freddi fatta di montagne e laghi illuminati dalla fotografia di Francesco Di Pierro e in cui la musica diventa elemento centrale nell’evoluzione della storia. Quello che univa padre e figlia diventa motivo di scontro. Da una parte Regina si sente persa senza un punto di riferimento che la aiuti a capire come superare lo shock e il senso di colpa, dall’altra Luigi che non riesce a prendersi le sue responsabilità di uomo e padre e si tuffa a capofitto nella carriera della figlia.

«Conoscono bene i luoghi in cui si snoda la storia, quei territori mi appartengono. Ho cercato rifugio nella mia montagna che ha una similitudine perfetta con i personaggi perché all’inizio c’è un leggero sole che riscalda i loro volti e il loro rapporto in quel momento non ha problemi, poi, man mano che entriamo nel dramma anche il clima si fa più aspro, così come l’animo dei suoi protagonisti» ha sottolineato Grande. Cosi il regista realizza un film che, partendo da elementi, personali, diventa universale grazie al tema del conflitto generazionale. Una storia di formazione duplice che vede schierati da un lato un’adolescente che vede crollare le proprie certezze e un uomo che impara ad essere il padre/guida di cui sua figlia ha bisogno. Un microcosmo che si evolve e ritrova il suo equilibrio.

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