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Tra Nina Simone e il Coachella: Homecoming e l’omaggio alla black culture di Beyoncé

Queen Bey firma il documentario sul dietro le quinte della sua storica performance al festival musicale

Homecoming: una scena del documentario di Beyoncé
La locandina di Homecoming

MILANO – Quando, nel 2016, Beyoncé pubblicò Lemonade fu lampante come il visual album trasmesso dalla HBO fosse, fino a quel momento, il punto più alto della sua carriera. Un mix perfetto di operazione commerciale ed intima confessione, tra Tidal e filmini casalinghi, il genio visivo di artisti come Melina Matsoukas e le poesie di Warsan Shire, femminismo e musica. Ora Queen Bey è tornata con un nuovo progetto. Si tratta di Homecoming, il documentario disponibile su Netflix che racconta il dietro le quinte della sua storica performance al Coachella del 2018.

Homecoming: una scena del documentario di Beyoncé
Beyoncé in una scena di Homecoming

Prima artista afroamericana ad essere headliner del festival – rinominato dai suoi fan Beychella -, Beyoncé ad un anno di distanza dalla sua esibizione ha scritto, prodotto e diretto il documentario per mostrare «quello che le persone non vedono: il sacrificio». Qualche numero? Otto mesi di preparazione, duecento persone sul palco, tre teatri di posa e ogni ballerino, luce, struttura e materiale scelto personalmente da Queen Bey perché «ogni dettaglio ha uno scopo».

Homecoming: una scena del documentario di Beyoncé
Uno dei momenti di prova della performance al Coachella.

Ma l’esibizione del 2018 non è solamente un’ambiziosa e sorprendente prova artistica. Da poco madre dei due gemelli Rimi e Sir – non mancano immagini private, anche della sala parto – per i quali ha posticipato di un anno la sua presenza al festival, Homecoming è anche un omaggio ai college e alle università americane storicamente frequentate da afroamericani, da Alice Walker ai ricercatori W.E.B. Du Bois fino a suo padre Mathew Knowles.

Homecoming: una scena del documentario di Beyoncé
Alcuni bozzetti dei costumi di Beyoncé per Homecoming

«Invece di tirare fuori la coroncina di fiori ho pensato fosse più importante portare la nostra cultura sul palco del Coachella». E per farlo Homecoming prende in prestito, tra gli altri, le parole di Toni Morrison, Marian Wright Edelman, Nina Simone e Maya Angelou che suddividono il documentario, separando le performance di Crazy in Love, Flawless, Hold Up, Run the World o Single Ladies, i duetti Jay-Z, le Destiny’s Child e Solange Knowles con le sequenze – in bianco e nero e in 4:3 – che ripercorrono il lavoro fatto per arrivare su quel palco, «la prima volta a casa, dopo il parto».

Homecoming: una scena del documentario di Beyoncé
Beyoncé sul palco del Coachella

E se ai prossimi Emmy Awards Beyoncé e Donald Glover – fresco headliner del Coachella 2019 dove ha presentato in anteprima Guava Island – rischiano di contendersi la stessa statuetta, va sottolineato come entrambi abbiano il merito di aver realizzato delle opere con una duplice e forte valenza personale e sociale. Da Atlanta a Lemonade, da This is America e Homecoming, da Guava Island a Formation, dietro ognuno di questi titoli c’è una precisa volontà che si può racchiudere nelle parole di Nina Simone. «Il mio compito è rende le creature più belle del mondo, la gente nera, più consapevoli di loro stessi e delle loro origini».

Qui potete vedere il trailer di Homecoming:

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