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Generazione 56K, l’amore ai tempi delle App o dell’infinita nostalgia per gli anni Novanta

Adolescenza, amore, amicizie: la serie Netflix indaga in chiave comedy la trasformazione di una generazione

generazione 56k

ROMA – Per chi è nato alla fine degli anni Ottanta il suono del modem che si connetteva (a fatica) a Internet è una specie di petite madeleine sonora. Quanto tempo ad aspettare che la pagina cercata si caricasse? Quanti pomeriggi trascorsi a cercare foto del nostro gruppo preferito magari da salvare su un floppy? Quante bollette dalle cifre spropositate sono arrivate nelle cassette della posta di ignari genitori? La generazione 56K è quella che ha vissuto il passaggio dall’analogico al digitale e ha visto cambiare sotto i loro occhi il mondo che conoscevano. Dai primi timidi squilli al telefono del ragazzo o della ragazza che ti piaceva alle app di dating.

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Angelo Spagnoletti e Cristina Cappelli in una scena della serie

E oggi c’è chi come Daniel (Angelo Spagnoletti), Lu (Gianluca Fru) e Sandro (Fabio Balsamo), amici fin dai tempi delle medie, lavora ad App che permettono di svignarsela al momento perfetto quando gli appuntamenti fissati online non vanno come sperato. E poi c’è chi, invece, come Matilda (Cristina Cappelli), giovane restauratrice di mobili antici, l’amore è sicura di averlo trovato in Enea (Sebastiano Kiniger), dolce insegnate di recitazione inglese trapiantato a Napoli. O almeno così credeva fino a quando non incontra, dopo anni, Daniel, suo primo amore (non ricambiato) con cui trascorre una serata che cambierà il destino di entrambi.

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I piccolo protagonisti di Generazione 56K

Ambientata tra Napoli e Procida, e tra il presente e il passato dei protagonisti, Generazione 56K – disponibile su Netflix dal 1 luglio – è una serie basata su un’idea originale di Francesco Ebbasta, autore, regista e co-fondatore dei The Jackal, che ne cura la regia insieme ad Alessio Maria Federici. Un racconto immerso in una nostalgia pop fatta di succhi alla frutta e segreti tra amici, prove di baci allo specchio e primi amori tra l’ossessione per Terminator e le canzoni degli 883 (da sottolineare anche l’ottima colonna sonora di Michele Braga intrecciata con brani non originali che spaziano da Nada a Soko). Ma Generazione 56K è anche una riflessione sull’amore e l’amicizia le cui dinamiche restano immutate nel tempo senza che l’avvento di social e smartphone possano modificarle nel profondo.

Angelo Spagnoletti, Gianluca Fru e Fabio balsamo in una scena della serie

Scritta e girata in chiave (rom)comedy, la serie Netflix ha il grande merito di raccontare un’altra Napoli lontana dalle rappresentazioni che cinema e serie tv ne hanno fatto negli ultimi anni. La città in cui si muovono Daniel e Matilda è come le due linee temporali di Generazione 56K, si muove cioè tra modernità e tradizione. Interessante anche il racconto di un maschile vulnerabile e fragile rappresentato da Daniel, protagonista maschile che non teme di mostrare le sue debolezze. Ma forse la forza maggiore della serie, con un finale un po’ troppo frettoloso forse già proiettato verso una seconda stagione, è l’aver saputo racchiudere in otto puntate quell’infinita nostalgia che sprigionano gli anni Novanta. Un’età di mezzo in cui il suono di un modem ci sembrava quello del futuro.

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Qui sotto potete vedere l’intervista a Angelo Spagnoletti e Cristina Cappelli:

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