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Clark | Bill Skarsgård e quella serie sulle origini della Sindrome di Stoccolma

Ladro gentiluomo, ispiratore, eroe nazionale, su Netflix arriva la vera storia di Clark Olofsson

Clark e le origini della Sindrome di Stoccolma
Clark e le origini della Sindrome di Stoccolma

MILANO – Diretta da Jonas Åkerlund, la miniserie drammatica Clark segue vita, verità e menzogne del criminale Clark Olofsson capace di far perdere la testa all’intera Svezia, nonostante le svariate condanne che gli sono state inflitte negli anni per traffico di droga, tentato omicidio, violenza, furti e decine di rapine in banca. Basata sull’autobiografia dello stesso Olofsson, Clark ne ricrea una versione (non troppo) romanzata degli eventi in appena sei puntate restituendoci, tra traumi familiari e gesta criminose, un quadro caratteriale completo della rockstar del crimine svedese. Distribuita su Netflix e con Bill Skarsgård di ritorno nella serialità che conta dopo Hemlock Grave e Castle Rock, il consiglio è di non perderla per nessun motivo.

Bill Skarsgård è Clark Olofsson in Clark

Lo sa bene lo stesso Skarsgård, svedese di nascita nato a Vällingby – distretto suburbano di Stoccolma – che pur di prestare volto e corpo a Olofsson ha rinunciato al ruolo di Thorir il fiero (poi andato a Gustav Lindh) in quel The Northman di Robert Eggers (di cui potete leggere qui) dove avrebbe diviso la scena con il più prestante fratello Alexander. Perché quella di Clark Olofsson è una di quelle storie criminali iconiche, di quelle dall’inevitabile appeal cinematografico. Del resto quanti altri criminali sono riusciti, grazie all’impatto avuto dalle loro gesta, a dar forma a un disturbo del comportamento e a diventare perfino un eroe nazionale? Clark Olofsson l’ha fatto! È solo grazie a lui infatti se oggi parliamo della cosiddetta Sindrome di Stoccolma.

Bill Skarsgård e Hanna Björn in una scena di Clark
Bill Skarsgård e Hanna Björn in una scena di Clark

Ovvero di quel particolare stato di dipendenza psicologica e/o affettiva in cui, le vittime di episodi di violenza fisica, verbale o psicologica, si trovano a provare un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore che può spingersi fino all’amore e alla totale sottomissione volontaria, così da instaurare una sorta di alleanza solidale. La narrazione di Clark parte proprio da qui, dagli eventi che hanno portato alla ben più nota Sindrome che, come dice bene l’agente scenico di Skarsgård in una linea dialogica di pura auto-affermazione, si sarebbe dovuta chiamare: Sindrome di Clark Olofsson. Il nome ha infatti origine da un caso eclatante di sequestro di persona (La rapina di Norrmalmstorg) avvenuto il 23 agosto 1973, quando il trentaduenne Jan-Erik Olsson, neo-evaso dal carcere di Stoccolma dove era detenuto per furto, tentò una rapina alla sede della Sveriges Kreditbanken.

Clark Olofsson e Bill Skarsgård
L’arresto…

Qui prese in ostaggio tre donne (la cassiera Elisabeth, la stenografa Kristin, e l’impiegata Brigitte) e un uomo (Sven, assunto da un paio di giorni) chiedendo come riscatto la liberazione di un altro detenuto: proprio quel Clark Olofsson già arcinoto al pubblico. Le autorità acconsentirono a tutte le richieste di Olsson, compresa un’automobile, ma rifiutarono di garantirgli la fuga con gli ostaggi. La convivenza forzata (ma non-violenta) tra ostaggi e i rapinatori durò quasi sei giorni (oltre 130 ore), al termine dei quali, grazie a dei gas lacrimogeni furono stanati. Ironia della sorte, durante la prigionia – come riveleranno le interviste psicologiche – gli ostaggi temevano più la polizia che non gli stessi sequestratori. Rintanati nell’ambiente ristretto di un locale lungo 16 metri e largo poco più di tre e mezzo, si sviluppò come un legame empatico al punto che, sebbene imprigionati, gli ostaggi provavano sincera gratitudine nei confronti di Olsson e Olofsson.

Bill Skarsgård in una scena di Clark
Bill Skarsgård in una scena di Clark

In ogni caso, un biopic (post)moderno Clark, che sulla scia dei precedenti cinematografici di Blow e Barry Seal, e con in più un pizzico delle atmosfere di Prova a prendermi, procede alla spettacolarizzazione del mondo criminale in chiave pop raccontandone ascesa, caduta e rinascita tra il brillante e il drammatico, lungo il suo ritmato sviluppo episodico tra digressioni temporali e raffinate transizioni cromatiche. Il resto lo fa uno Skarsgård scintillante e magnetico nei panni dell’affascinante manipolatore gentile dalle mille vite, Clark Olofsson. Di certo non la rivoluzione di un genere da sempre molto compatto e poco incline a grossi cambiamenti strutturali, ma poco importa: Clark è l’ennesimo successo targato Netflix dal viaggio (mini)seriale degno di nota.

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Qui per vedere il trailer di Clark:

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