Una cosa va subito messa in chiaro: qui non leggerete termini come geek, tech e nerd solo perché stiamo parlando di un videogioco. Tanto più se il videogioco in questione è un game miliare che, già nella prima mezz’ora, ti prende e ti scaraventa – nemmeno fossimo a bordo della DeLorean di Ritorno al Futuro – nel bel mezzo del 1899. Basterebbe questo a far capire l’importanza (ben più della letterale grandezza) di Red Dead Redemption 2, già instant cult del mondo games. E non solo, perché, il capolavoro firmato Rockstar Games (loro, dietro la saga di GTA), prequel del capitolo uscito nel 2010, è collocato in un momento storico ben preciso, quando l’idea del pistolero solitario stava già tramontando.
Esatto: il richiamo a Sergio Leone e C’era una volta il West non è affatto casuale, perché l’epopea del protagonista, Arthur Morgan, membro della banda di Dutch Van der Linde, reietti in lotta con l’evoluzione, assume da subito intero il fascino dei western, per regalare a chi gioca un’esperienza di immagini di cui si può prendere completo controllo: la camera, il movimento stesso, le azioni buone o cattive che siano. E il tempo, di leoniana memoria, sparisce.
Dunque, passiamo ai paragoni: per accostare #RDR2 a qualcosa di mitologico, ci vengono in mente quegli undici minuti (muti) di The Great Train Robbery del 1903, in cui Edwin S. Porter sintetizzava artigianalmente il senso sommo del cinema western: due banditi, una locomotiva, i cavalli, le valli, la refurtiva. Undici minuti sensazionali – terminati con uno spaventoso e celebre momento, in cui Justus D. Barnes guarda in macchina e spara, qualcosa di sconvolgente per l’epoca – che riscrissero la storia del cinema e che ora potete vedere su You Tube (vedi sotto).
Poi arriviamo a oggi, nell’epoca in cui davvero si può montare a cavallo, annusare l’erba, sentire quasi il vento delle Montagne Rocciose fischiare nelle orecchie, quasi come Clint Eastwood, nel tramonto color fuoco de Gli Spietati (altro riferimento palese del videogioco). Insomma, la longevità del western rinchiuso e arrotolato in una mappa di gioco pressoché infinita. Così, in groppa all’unico amico che ci accompagna nell’avventura, l’omaggio alla narrativa e all’atmosfera di John Ford è lampante, tanto da rendere, probabilmente, Red Dead Redemption 2 il miglior prodotto videoludico di sempre.
Ed è chiaro, il cinema, dai primi Duemila, ha spesso preso in prestito la messa in scena e gli intenti da games, come se fosse un fratello più piccolo a cui rubacchiare qua e là le figurine mancanti per completare quell’album in continuo sviluppo. Ma ora le cose sono cambiate, e nettamente: i paragoni sono enormi e, nel gioco della Rockstar, il cinema è l’elemento essenziale. C’è la mitologia di Ford, la sua essenza fatta di West duro e puro, per arrivare alla serialità di Deadwood, con il suo mix di storia, fantasia, innovazione.
Appunto, il western, dal treno di The Great Train Robbery – o perché no, da quello dei Fratelli Lumière, che pareva entrare in una sala stupefatta – fino al tempo che sfugge de Il Grinta dei Coen, viaggia di pari passo con il movimento, e con il movimento della tecnologia, con la natura selvaggia e protagonista (basilare e da rispettare nel videogioco, tanto che ogni animale ferito durante la caccia va seguito e ucciso), come a ritrovarci tra i boschi de Il Cacciatore di Cimino o in quelli del Dead Man di Johnny Depp.
Ed è l’ossimoro per eccellenza quando si parla di Far West: la locomotiva, il sistema federale degli States, la leggenda e il mito sostituiti dai fatti, dalla politica, dal futuro. Ecco il motivo per cui i western sono lo specchio di un Era, letteralmente, a cavallo tra ciò che era il mondo e ciò che è diventato. Quindi, arriva l’eroe passato (ma di che eroi parliamo, però? Farabutti, criminali, ladri, sceriffi dal revolver facile) che lascia spazio al progresso (finto) liberale: impossibile non ricordare, e alcune sequenze animate del gioco ne prendono esempio.
L’antieroe Brad Pitt alias Jesse James nel film di Andrew Dominik, o il Django Unchained di Tarantino, aggrappato a due eroi simili di epoche diverse, in cui il mondo libero – libero e arbitrario come quello di #RDR2 – indossa(va) un cappuccio bianco (la curiosità? Nel gioco si può incappare nel KKK e sì, potete tirare fuori il fucile senza perdere l’onore…) molto più pericoloso di una banda di sporche e illuse canaglie. Eccolo, il romanticismo del Far West, ricreato, pixel dopo pixel, luce dopo luce, in un gioco in cui il presente torna indietro, quando il sole era l’unico orologio di un mondo senza tempo, a raccontar storie al fuoco e alla luna, al suono di un banjo scordato. Più di un gioco, più di un film, più della realtà.
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Qui il trailer gameplay di #RDR2
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