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Venezia 77 | La ripartenza del cinema. Ovvero perché la Mostra va sostenuta

Un’edizione differente? Sì, per forza di cose. Ma con tanti titoli da scoprire e raccontare…

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Un dettaglio del manifesto di Venezia 77 disegnato da Lorenzo Mattotti.

MILANO – Come un equilibrista su un filo sottile che – non si sa se, come e quando – potrebbe spezzarsi da un momento all’altro, facendo tornare tutto come prima. In bilico su una situazione assurda, paradossale, in cui tutto sembra normale, ma in realtà nulla lo è, dalle sale vuote agli uffici ancora chiusi, dai viaggi blindati in mascherina a un’America mai così lontana, in piena emergenza COVID-19. Così per la Mostra di Venezia, Alberto Barbera ha dovuto costruire un piano B, un programma parallelo distante – e molto – dai fasti in cui al Lido arrivavano Emma Stone e Scarlett Johansson, Al Pacino e Johnny Depp, La La Land e Birdman. Quel mondo lì non c’è più, ed è bene dirlo, forse ritornerà, lo speriamo tutti, ma ora non c’è e non ci potrà essere alla Mostra. Punto.

Nomadland
Chloé Zhao, il direttore della fotografia Joshua James Richards e Frances McDormand sul set di Nomadland.

Una premessa d’obbligo prima di commentare il programma di Venezia 77, un’edizione che non doveva svolgersi, come non c’è stata Cannes 73 nonostante la lista della spesa di Thierry Frémaux e i suoi bollini qualità, mentre Toronto, New York e Telluride si svolgeranno in maniera diversa, e da qui l’unione d’intenti con Barbera in un comunicato congiunto: «Quest’anno ci siamo allontanati dalla competizione con i nostri colleghi dei festival autunnali e ci siamo impegnati a collaborare. Stiamo condividendo idee e informazioni. Stiamo offrendo i festival come piattaforma unita per ottenere il miglior cinema che si possa trovare. Siamo qui al servizio dei registi, del pubblico, dei giornalisti e dei protagonisti del settore affinché mantengano in vita l’ecosistema cinematografico. Dobbiamo farlo insieme».

Venezia 77
Pierfrancesco Favino con il regista Claudio Noce sul set di Padrenostro.

Dobbiamo farlo insieme. Questo dicono Barbera, Cameron Bailey, Eugene Hernandez, Julie Huntsinger, Tom Luddy e Joana Vicente, ricordando a tutti di far parte di un ecosistema in cui ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità e cercare di fare il massimo per farlo (soprav)vivere. No, non è facile, non lo è stato e non lo sarà. Un esercizio da trapezista, appunto, come dice Barbera, e per questo Venezia 77 non deve essere giudicata con l’indice puntato, anzi, quello che dobbiamo fare – e che faremo noi di Hot Corn – è raccontarla e celebrarla, amplificando il fascino dei titoli che ci sono, non di quelli che mancano, spiegando cosa vedere e cosa aspettare, non cosa non c’è. Quello che non c’è, non ci sarà, e l’America non uscirà certo dalla crisi in tre settimane.

Stefano Accorsi e Maya Sansa in Lasciami andare, ambientato proprio a Venezia.

E allora, ecco l’attesa per Miss Marx e il nuovo Pierfrancesco Favino di Padrenostro, Frances McDormand in Nomadland e il ritorno di Emma Dante, Abel Ferrara col socio Willem Dafoe e l’incontro tra Dennis Hopper e Orson Welles, e poi l’anima musicale (Caetano Veloso, Paolo Conte, ma anche James Senese), il folle Quentin Dupieux con Mandibules (e Adèle Exarchopoulos, qui il teaser) e poi Guadagnino su Ferragamo, Casey Affleck in The World To Come, Shia La Beouf in Pieces of a Woman, il già vincitore Gianfranco Rosi, ma anche Mordini con Lasciami andare e un’autrice come Jasmila Žbanić, senza dimenticare i titoli della SIC, delle Giornate e di Orizzonti.

The Duke
Helen Mirren e Jim Broadbent in The Duke.

Sono solo lampi, ovviamente c’è molto altro da scoprire (da segnarsi The Duke con la coppia Helen Mirren e Jim Broadbent), solo spunti per capire che Venezia 77 sarà diversa, ma ci sono forma e sostanza, manca l’America, certo, e anche un po’ di Italia (ma perché non ci sono Diabolik e Il cattivo poeta con Castellitto alias D’Annunzio?), ma ci sarà tanto. Sta (anche) a noi saperlo raccontare. «In una crisi», si legge ancora nel comunicato congiunto firmato da Venezia, Toronto, New York e Telluride, «i film possono metterci in movimento. Possono incantare, informare, provocare e guarire. Mentre lavoriamo in circostanze difficili per organizzare i nostri festival lavoreremo insieme, a sostegno dei film». Insieme. A sostegno dei film. Ecco, almeno per una volta facciamolo. Tutti insieme. Perché? Per ripartire, finalmente, e anche perché potrebbe non esserci una seconda opportunità.

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