MILANO – Isabelle Huppert, dopo In Another Country e La Caméra de Claire, torna a passeggiare e a prendersi la scena in un film di Hong Sang-soo, Una viaggiatrice a Seoul (A Traveler’s Needs in originale), presentato alla Berlinale 2024 e vincitore dell’Orso d’argento – Gran premio della giuria e dopo quasi un anno in sala dal 13 febbraio grazie a Film Club Distribuzione, la divisione theatrical di Minerva Pictures esclusivamente in versione originale sottotitolata. Non è un caso che Hong Sang-soo abbia vinto con Una viaggiatrice a Seoul lo stesso premio a Berlino di The Novelist’s Film presentato l’anno precedente: uno dei festival europei più prestigiosi e importanti sta premiando la visione di un autore che è stato capace, attraverso più di trenta lungometraggi, di costruire un’idea cinematografica sempre più chiara e con una prospettiva precisa. un corpus registico e sceneggiativo spogliato di ogni movimento e dinamismo per arroccarsi su riflessioni che riguardano il linguaggio, l’arte e il cinema, adornato soltanto dalla camera fissa, brevissimi spostamenti, panoramiche e zoom.

Come in The Novelist’s Film, anche Una viaggiatrice a Seoul riflette e gioca con il tema della parola, della lingua e dei suoi confini, nel rapporto con l’altro e con sé stessi. Isabelle Huppert è Iris, una francese a Seoul senza passato che parla inglese e decide di insegnare la sua lingua per potersi mantenere, ma lo fa in modo atipico e controintuitivo: nessun libro di testo, nessun esercizio di grammatica, ma una conversazione in inglese per estrapolare dallo studente (in questo caso la vediamo impegnata con due donne) una frase che esplicita una particolare sensazione che poi lei scriverà in francese e che il discente, per imparare, dovrà ripetere mille volte, di notte, in una stanza buia perché per Iris è necessario vedere come la lingua possa esprimere veramente dei significati attraverso qualcosa di estremamente personale, entrarci direttamente mediante sé stessi per imprimerla dentro di noi.

Ma la prima a sfuggire da questo metodo è proprio Iris, che modella e cambia le frasi che dicono le studentesse attraverso una personale interpretazione, quasi come a voler imprimere lei i suoi pensieri per iniziare a impararli di nuovo, proprio Iris che sembra voler nascondere il suo passato a chi la circonda parlando sempre inglese con chi parla coreano, una lingua neutra, che non appartiene a nessuno dei personaggi, una mediazione che obbligatoriamente costringe a lasciare indietro dei rimasugli di vita dicibili solo con la propria lingua madre. Il personaggio di Isabelle Huppert è speciale, Iris (non a caso il nome di un fiore) è stata sradicata dal suo habitat e trasportata in Corea, scompare negli alberi dei parchi, è vestita come un gambo alla costante ricerca dei petali per rifiorire, e ha un’influenza particolare su ogni personaggio che incontra perché è scissa, manchevole, e di conseguenza dotata di una prospettiva diversa da tutti gli altri che restituisce e comunica attraverso un linguaggio inafferrabile.

Una viaggiatrice a Seoul è l’ulteriore tassello di una filmografia atipica, unica, un quadro di autoanalisi che Hong Sang-soo inquadra e filma attraverso personaggi che sembrano legati da un unico filo che insegue arte e linguaggio, le uniche due vie che secondo il regista sudcoreano sono da perseguire.
- ORIENT EXPRESS | The Novelist’s Film, i confini della parola di Hong Sang-soo
- HOT CORN TV | Una viaggiatrice a Seoul, il trailer
Lascia un Commento