ROMA – Avete mai immaginato I fratelli Karamazov come un noir rurale, ambientato nell’estremo nord-est d’Italia, nel cuore del Veneto? Il regista Alberto Rizzi non solo l’ha immaginato, ma ha anche dato vita a questa visione con il suo film Squali, presentato nella sezione Alice nella città alla Festa del Cinema di Roma. Squali reinterpreta il celebre romanzo di Dostoevskij, spostando la storia sui Monti Lessini, tra le Prealpi italiane. Il risultato è un gotico visivamente potente, che fonde elementi di tragedia greca e western moderno.
La storia di Squali ha inizio quando quattro fratellastri, ormai adulti, tornano nella casa del loro padre Leone Camaso (Mirko Artuso), un uomo ingannevole e crudele. Demetrio (Stefano Scherini), ex militare pieno di debiti, cerca l’eredità della madre; Ivan (Diego Facciotti), atleta a fine carriera ossessionato dalla gelosia, che vuole riconquistare la sua ex; Alessio (Gregorio Righetti), seminarista devoto, tenta di redimere la sua famiglia; Sveva (Maria Canal), la ribelle, sogna solo di fuggire. Tra intrighi e rivalità, l’unica cosa che unisce i fratelli della famiglia Camaso è solo l’odio verso il padre. Al suo secondo lungometraggio dopo la commedia Si muore solo da vivi, Alberto Rizzi cambia radicalmente rotta: scambia il genere e un cast di nomi noti per un progetto più intimo e indipendente, scegliendo attori dal profilo opposto rispetto al suo film del 2020.
Con Squali, Rizzi sembra volersi muovere in totale libertà, sia nell’ispirazione sia nell’approccio visivo dai tratti eterei e rarefatti. L’estetica del riflette un paesaggio oscuro e misterioso, metafora degli animi dei protagonisti, spinti da istinti primordiali come l’avidità. Eppure, come accade in un paesaggio che ci intimorisce e affascina insieme, dietro la cupezza dei personaggi si intravede un desiderio di riscatto, una bellezza nascosta nel loro mistero. Il Veneto scelto da Rizzi accetta e rilancia la sfida: un paesaggio dal gusto western, attraversato da un realismo magico, che trasforma la narrazione in un moderno romanzo gotico. La frontiera tipica del western qui diventa una frontiera spirituale, dando a Squali il suo legame più profondo con il romanzo de I fratelli Karamazov: l’intensa esplorazione interiore dei suoi personaggi.
Nella visione di Alberto Rizzi si respira il fascino di un cinema dal sapore classico, che omaggia il passato con ambizione, senza rinunciare alla ricerca di un’estetica nuova e pittoresca nei movimenti di camera. Squali si svela attraverso immagini che, talvolta, parlano da sole: visionarie, surreali, grottesche e gotiche. C’è un profondo rispetto per un cinema colto, che studia il passato ma lo integra nella modernità, proprio come accade per Squali. Il risultato è un’opera visivamente fresca, dall’approccio sofisticato e, finalmente, originale.
- INTERVISTE | Alberto Rizzi racconta il film ad Alice nella Città
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