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Renate Reinsve: «La persona peggiore del mondo? Raccontiamo il caos della vita»

Tra le conversazioni con Joachim Trier e la responsabilità per la sua Julie: l’attrice si racconta a Hot Corn

Renate Reinsve
Renate Reinsve è la protagonista de La persona peggiore del mondo

ROMA – T-shirt e smalto nero e un sorriso gentile. Abbiamo incontrato Renate Reinsve a Roma in un albergo che affaccia su Piazza Barberini. Era arrivata nella Capitale per presentare La persona peggiore del mondo, film scritto e diretto da Joachim Trier ora in esclusiva su CHILI dal 18 al 22 febbraio. Un film che l’ha consacrata attrice rivelazione all’ultimo Festival di Cannes dove si è aggiudicata il Prix d’interprétation féminine grazie al ruolo di Julie, giovane donna che alla soglia dei trent’anni non ha ancora le idee chiare su chi è e cosa voglia fare della sua vita. Un racconto di formazione che incontra la commedia romantica dando vita a un film – candidato per la Miglior Sceneggiatura Originale e il Miglior Film in Lingua Straniera agli Oscar – capace di spaziare tra emozioni e registri differenti. «Per me è una follia. Non sono sicura di aver assimilato e capito tutto quello che è successo finora!» ci ha raccontato l’attrice mentre, tra una risposta e l’altra, disegna su dei fogli bianchi…

Renate Reinsve e Nanni Moretti al Nuovo Sacher

LE SFUMATURE EMOTIVE «Quando ho letto la sceneggiatura per la prima volta, ho capito che era molto ricca. Andava ovunque e parlava di qualsiasi cosa. Mi sarei trovata a muovermi ovunque anche emotivamente. Mi spaventava molto l’idea di non riuscire a riportare tutte le sfumature della scena. Ma credo che sia stata questa stessa ansia a guidarmi nel trovare quante più possibili emozioni. Ho avuto un anno per prepararmi e mi ha permesso di fare un’analisi drammaturgica molto dettagliata di ogni capitolo. Non abbiamo girato in modo cronologico. Sul set dovevo essere molto preparata e sapere dove si trovava precisamente Julie a livello emotivo e fisico. È stato un lavoro dettagliato ma quando ci trovavamo sul set cercavamo di dimenticare tutto e lasciarci andare perché sentivamo che avevamo trovato un nuovo modo di lavorare. Più ci rilassavamo, più sfumature emergevano perché eravamo più reali e presenti. Non cercavamo di arrivare da nessuna parte. C’è stata molta preparazione ma anche perdita di controllo. E anche quello è stato spaventoso per me».

Renate Reinsve
Renate Reinsve e Joachim Trier sul set de la persona peggiore del mondo

LE DOMANDE «Mi riconosco nel modo di Julie di pensare in modo esistenzialista. Credo sia quasi distaccata dalla sua stessa vita  e che non sia a suo agio nell’essere se stessa, le risulta difficile accettarsi. La Norvegia ricopre un posto molto alto nella lista del conformismo sociale. Abbiamo molte regole rigide su come dobbiamo vivere la nostra vita, eppure oggi c’è grande libera nel poter cambiare lavoro o partner quando vuoi. Viviamo in tempi che generano confusione. Non so se è una questione generazionale o se dipende dai tempi che viviamo. Quando mia nonna di 83 anni ha visto il film ha detto: “Io sono Julie”. Perché anche lei, nonostante sia in pensione, ha un nuovo lavoretto e un nuovo fidanzato. Credo che il film parli di qualcosa che ha a che fare con i nostri giorni e che abbraccia il campo dell’esistenza di tutti. È un periodo in cui è difficile orientarti anche a causa dei social in cui, in qualche modo, devi commercializzarti, venderti. Credo di rapportarmi alla sensazione di incertezza e precarietà di Julie. Come lei ho più domande che risposte».

Renate Reinsve
Renate Reinsve e Herbert Nordrum in una scena del film

I TEMI «Joaquim ha scritto questo ruolo per me. E credo lo abbia fatto per le mie abilità attoriali. Ho fatto molto teatro lavorando su diverse tragedie e poi qualche piccolo ruolo comico in TV. Credo volesse scrivere un personaggio che avesse accesso ad entrambi gli aspetti. E difficile capire il tempo in cui uno vive, non so dire se Joachim volesse raccontarli attraverso di me o attraverso il modo in cui mi vede. Mi sono sentita subito legata al personaggio ma ho anche capito che tratta temi universali. E umilmente ho lavorato perché parlasse a tantissime persone. Tra di noi sono nate molte conversazioni, abbiamo riflettuto su cos’è l’amore, perché è difficile trovarlo e del perché la tempistica ha un effetto così importante su chi incontriamo. Inoltre Joachim è molto interessato a Freud e cerca di capire cosa significhi essere un essere umano oggi attraverso la psicologia. Abbiamo cercato di essere molto onesti parlando di Julie. Vergogna e solitudine sono temi difficili da affrontare ma abbiamo cercato di parlare anche di questo nel modo più onesto possibile».

Renate Reinsve
Renate Reinsve a Cannes con il Prix d’interprétation féminine

LA SPERANZA «Se credo che questo film abbia un fondo di speranza? Sì. Non a caso la scena finale è la mia preferita. È dove Julie finalmente accetta se stessa e non ha bisogno di nessuno per definirsi. Lo fa da sola. Sta cercando di trovare la sua strada e non attraverso lo sguardo di un partner. La vediamo nel suo appartamento, concentrata al computer a lavorare alle sue fotografie. Cosa che non era in grado di fare prima. Credo abbia vissuto così tante perdite, incertezze e momenti difficili che le abbiano permesso di crescere e capire che la vita è caos e non hai controllo. Non importa cosa scegli, fino a quando fai qualcosa che ti permette di accettarti e ti rende felice di quello che sei, credo sia un messaggio di speranza».

Renate Reinsve, Joachim Trier e Herbert Nordrum sul set del film

UNA NUOVA VITA «Per me è una follia. Non sono sicura di aver assimilato e capito tutto quello che è successo finora. È come se avessi rivisto la mia vita. Ho la possibilità di scambiare idee e prospettive con persone importanti e questo è preziosissimo. Sono felice di aver fatto molto teatro in passato perché credo di aver raggiunto un punto nella vita in cui conosco quelli che sono i valori e quello che cerco: buoni testi e bravi registi. Non voglio far parte di progetti in cui c’è poco tempo per realizzarli e l’arte viene del tutto eliminata. Spero di trovare nuovi copioni come questo dove l’arte ricopre un ruolo centrale. Diciamo che oggi sono al 50% una persona nuova e al 50% rimango suoi valori precedenti».

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Renate Reinsve e Anders Danielsen Lie in una scena del film

LA RIVOLUZIONE «In Norvegia abbiamo fatto molta strada per la parità di condizioni ma siamo ancora bloccati su alcuni aspetti che credo abbiamo appreso in modo subconscio socialmente e culturalmente. Due uomini hanno scritto il ruolo di Julie. Ero spaventata e ho sentito una forte responsabilità per la sua rappresentazione. Nella sceneggiatura mi sembrava che Aksel fosse il personaggio più forte ma credo lo sia anche Julie nel suo stare un passo indietro per cercare di analizzare cosa ci sia di sbagliato in quella situazione. Sembra passiva ma credo che provi molto attivamente a capire ogni problema che la circonda. Non lo sa ma ha bisogno di essere definita dallo sguardo altrui perché non riesce a trovare la sua vera identità. Non sa da dove vengono il suo malessere e disagio ma cerca sempre la causa del problema. E questo è il primo passo di ogni rivoluzione e lotta».

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Qui potete vedere il trailer del film: 

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