VENEZIA – «Questo è il nuovo mondo che abitiamo». A parlare è Kemp Powers, lo sceneggiatore di One Night in Miami, l’esordio alla regia di Regina King presentato Fuori Concorso alla Mostra di Venezia. E lo fa riferendosi alla voce di una bambina in sottofondo durante il collegamento via Zoom con la regista e il cast del film. Un’opera che prende vita da un singolo paragrafo di Redemption Song: Muhammad Ali and the Spirit of the Sixties, libro pubblicato nel 1999 in cui si accenna alla notte del 25 febbraio 1964 trascorsa insieme da Cassius Clay, Malcolm X, Jim Brown e Sam Cooke. «Gli Avengers neri» come li chiama Powers che Regina King fa rivivere in un film riuscito ed emozionante con protagonisti Kingsley Ben-Adir, Eli Goree, Leslie Odom Jr. e Aldis Hodge.
IL DESTINO – «Le conversazioni di cinquant’anni fa sono le stesse di oggi. Non sapevamo che ci saremmo trovati nel momento esplosivo che stiamo vivendo ora in America mentre lavoravamo a questo film. Con l’arrivo della pandemia abbiamo pensato che forse sarebbe stato meglio posticipare l’uscita del film per paura che non potesse uscire in sala. Ma poi cosi tanti uomini afroamericani sono stati uccisi e abbiamo capito che non potevamo posticiparlo. È come se il destino lo avesse già programmato».
LA VOCE DI UNA COMUNITÀ – «Una delle maggiori ispirazione del film è che possiamo usare queste quattro persone come la voce di tutti gli uomini neri. Penso che il pubblico possa ottenere così l’idea di come un uomo nero parla, pensa, agisce. One night in Miami è una lettera d’amore all’esperienza dell’uomo nero. Mostriamo gli uomini prima di qualsiasi etichetta».
LA CELEBRAZIONE DELL’UOMO NERO – «Con questo film non volevamo onorare la storia di Classius Clay o Malcolm X ma un momento della vita di quattro uomini che per combinazione erano Classius Clay, Malcolm X, Jim Brown e Sam Cooke. Nel film si vede come Classius sia molto più saggio della sua età, capisce che se loro non si appoggiano l’uno con l’altro non lo farà nessuno. Ognuno di quei quattro uomini stava navigando in un momento preciso delle loro vite. Ma quello che hanno in comune è che sono neri, indipendentemente dai soldi che hanno o non hanno e da dove vengono. Alla fine sarai giudicato dal colore della tua pelle e quello non cambia mai, ieri come oggi».
LE REGISTE – «È molto importante avere registe donne nei festival. Come verrà accolto questo film forse aprirà o chiuderà delle porte ad altre registe nere. Ma credo anche che questo sia universale. Hai una possibilità e se non va bene ci vorranno anni prima di averne un altra. C’è cosi tanto talento lì fuori e vorrei trovasse una voce».
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