ROMA – Adattamento fedele del successo letterario Piccole cose da nulla di Claire Keegan, il quarto lungometraggio da regista del belga Tim Mielants, Piccole cose come queste, indaga l’orrore reale e fin troppo a lungo taciuto delle Case Magdalene, recentemente indagato da Stephen Frears in Philomena e così da Joe Murtagh, attraverso l’ottima serie televisiva The Woman in the Wall. Titolo questo che immediatamente si allinea con quanto raccontato e mostrato da Mielants ed il suo sceneggiatore Enda Walsh in Piccole cose come queste. Un film di muri e barriere invalicabili, che sono dell’anima, dunque metaforiche e radicate in un passato di traumi mai realmente superati, e così reali, concrete, sporche e indistruttibili.
Anche in questo caso c’è una donna segregata oltre il muro. Non sono in molti a saperlo, eppure perfino quei pochi non sembrerebbero affatto interessati a parlare, porgendo una mano, o altrimenti un grido d’aiuto. Bill Furlong (Cillian Murphy come previsto è straordinario e spaventosamente stratificato, dando vita ad un volto che vediamo quasi per intero, nascondendo però nel medesimo istante un’altra verità, un altro uomo). non è come tutti gli altri. È un uomo solo, dedito al lavoro e alla famiglia, che cresciuto nella desolazione di quelle terre irlandesi spietate e gelide, ha perfettamente consapevolezza di cosa sia giusto e cosa invece sia sbagliato. È giusto prendersi cura delle persone. Senza alcun dubbio. Così come è sbagliato punirle per futili e insensate ragioni. Ecco perché quando Bill si imbatte nella donna oltre il muro, tutto è inevitabilmente destinato a cambiare.
Pur consapevole dei fragili equilibri di coesistenza – sociale ed economica -, del luogo nel quale è sempre vissuto, retti non tanto dalla buona volontà dei cittadini, piuttosto dal cupo e spietato convento di suore ai margini della città. Là dove Bill consegna il carbone, là dove la violenza non può essere udita. Che fare dunque? Mantenere un omertoso silenzioso in segno di rispetto, nella speranza che le cose migliorino per sé e per gli altri, oppure farsi giustizia da sé? A scanso di equivoci, per quanto Piccole cose come queste, risponda ad un cinema profondamente di rabbia, non vi è mai alcuna declinazione di genere in esso. Nessuno mai ricorre alla dimensione action della faccenda, piuttosto a quella politica. Tim Mielants, degno allievo del John Patrick Shanley de Il dubbio, memorabile adattamento cinematografico dell’omonimo dramma teatrale, vincitore del Premio Pulitzer nel 2005, ritrova in quello sguardo oscuro, sottile e fortemente evocativo, ma mai esplicito e sensazionalistico rispetto al tema trattato – la pedofilia -, l’unica chiave possibile, se non addirittura necessaria, per attraversare con altrettanta maturità il dolore scaturito dalla giovinezza violentata e definitivamente lacerata, da uno stato consapevole e così da una cricca altrettanto spietata, come quella della chiesa.
Nel mezzo, risulta inevitabile non rintracciare, tanto nella costruzione degli ideali e delle ferree volontà del Bill Furlong interpretato da Murphy, quanto nello sguardo di Mielants, che si sofferma incessantemente sulla fatica del lavoro, in relazione a quella dell’emotività e della sua esplicitazione, elementi propri della cinematografia documentaristica, politica e non solo di Ken Loach. Piccole cose come queste, che in realtà piccole non lo sono mai. Né prima, né ora. Ecco cosa divora Bill Furlong, l’incapacità di reagire, che non può più essere tale, mutando in volontà di cambiamento, risoluzione e vendetta. Quest’ultima però, come detto, non è mai espressa in virtù di un ruolo maschile dominante, perciò action e sanguinosa, piuttosto attraverso le parole, o ancor più le azioni, quelle più semplice, eppure più profonde e di conforto.
Un film gelido, sporco e doloroso. Proprio come il viso e le mani del suo laconico e dolce protagonista. D’altronde Cillian Murphy quella dolcezza la cova naturalmente nello sguardo. Infatti, sul fondo della sofferenza di Bill Furlong, in seguito divenuta trauma, poiché mai realmente elaborata e testardamente taciuta, ancora sopravvive una scintilla, appartenente a quel bambino innocente, che non ha mai letto David Copperfield, ma vorrebbe. Così come avere in dono quel puzzle a lungo desiderato, che mai nessuno però ha compreso di dovergli regalare, rispondendo ad un disperato grido di aiuto, amore svanito e infelicità. C’è una parte di noi, che legata incessantemente all’infanzia, sopravvive al dolore, alla delusione e alla rabbia, riaffacciandosi di tanto in tanto, nel lungo percorso della vita, conducendoci imprevedibilmente al compimento di piccoli gesti d’amore e buona volontà. Piccole cose come queste. Sull’osservazione lucida e tormentata e la ribellione del singolo alle ingiustizie della società e della fede. Un film necessario e sussurrato, con un interprete grandioso, che dà vita ad un protagonista altrettanto memorabile.
- LONGFORM | Oppenheimer, il capolavoro di Christopher Nolan
- HOT CORN TV | Piccole Cose Come Queste, il trailer:
Lascia un Commento