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Perché Paul Thomas Anderson dovrebbe vincere l’Oscar

Otto nomination in vent’anni, mai nessuna statuetta. Che Il Filo Nascosto sia il film giusto?

Il filo nascosto, ottavo film di Paul Thomas Anderson è arrivato in sala preceduto da una trepidante attesa, e per la presunta ultima e strabiliante interpretazione di Daniel Day-Lewis, e per la possibile definitiva consacrazione presso il grande pubblico di uno dei cineasti più talentuosi dell’ultima generazione. Quello di Anderson con l’Academy è un rapporto burrascoso da vent’anni (prima nomination per lo script di Boogie Nights), basti pensare al 2008, anno in cui gli venne negato il riconoscimento di miglior film per Il petroliere, (ve lo abbiamo ricordato qui), pellicola poi riconosciuta pilastro della cinematografia moderna nonché inserita al terzo posto nella lista dei migliori film del XXI secolo redatta dalla BBC.

Paul Thomas Anderson sul set de Il filo nascosto.

Il regista americano cercherà di sferrare quest’anno la zampata decisiva per assicurarsi l’Oscar, pur contando sulla magra consolazione che persino il suo idolo – Stanley Kubrick – non venne mai insignito di tale riconoscimento. Ciononostante pare molto difficile che sarà questo l’anno buono per Anderson, in una Hollywood più concentrata sul sollevare dibattiti sociali piuttosto che sul reale spessore artistico delle opere in concorso. Sarà Tre manifesti a Ebbing, Missouri il favorito d’obbligo alla notte degli Oscar, incalzato a brevissima distanza da La forma dell’acqua di Guillermo Del toro.

Anderson con Joaquin Phoenix sul set di The Master, 2012.

Dopo il controverso The Master, accolto tiepidamente al festival di Venezia nel 2012, e l’allucinato flusso di coscienza di Vizio di forma, con Il filo nascosto Anderson ha alzato l’asticella ancora una volta donandoci forse il film della maturità, frutto di un imponente disegno autobiografico. Disegno ambizioso a tal punto da assumere le fattezze di uno slancio totalitario in cui il regista – insieme alla regia e sceneggiatura – si occupa personalmente della fotografia. Il filo nascosto diventa così un’opera pervasa da un’incessante ricerca del bello in tutte le sue manifestazioni, in cui ogni singolo fotogramma è frutto di un labor limae minuzioso.

Con Daniel Day-Lewis sul set de Il filo nascosto.

Attenzione tuttavia a non prenderlo per un film sulla moda. Il nuovo Anderson è molto di più, non si limita a confezione formale patinata ma rivolge la lente d’ingrandimento alle relazioni amorose, con tutte le loro fisime e i rapporti di forza che ne conseguono, scegliendo di non prendere per mano lo spettatore, quanto piuttosto di disorientarlo con fili nascosti, tracce invisibili e motivi ricamati, proprio come nelle increspature e nelle cuciture di un abito. Gigantesco, spiazzante nonché profondamente personale. Per favore, dategli l’Oscar.

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