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Luca Guadagnino: «L’Oscar? Sono già contento delle quattro nomination»

Dal Sundance all’Academy: dopo un viaggio lungo un anno, Chiamami col tuo nome arriva in sala

ROMA – Un viaggio lungo un anno quello di Luca Guadagnino e di Chiamami col tuo nome. Dalla presentazione al Sundance, lo scorso gennaio, alle quattro candidature – tra cui miglior film – agli Oscar. In mezzo il Festival di Berlino, il plauso di pubblico e critica, l’endorsement di registi come Paul Thomas Anderson e Pedro Almodóvar. Tutto per un adattamento cinematografico firmato da James Ivory dell’omonimo romanzo di André Aciman, che il regista palermitano nemmeno doveva dirigere. Ambientato nel 1983 in una cittadina lombarda, Chiamami col tuo nome, racconta la nascita dell’amore tra Elio (Timothée Chalamet), musicista diciassettenne, ed Oliver (Armie Hammer), studente americano poco più grande. Un racconto di formazione, di crescita e scoperta sessuale che Guadagnino ha presentato in conferenza stampa a Roma, dove c’era anche Hot Corn.

Luca Guadagnino sul set, preparando una scena.

LE NOMINATION «È un po’ immodesto dirlo, ad ogni modo, ad oggi, il film ha vinto cinquanta premi ed ottenuto 150 nomination. Condivido queste quattro candidature agli Oscar con la magnifica troupe e con il gruppo di attori che ha interpretato i vari personaggi. Quello di Chiamami col tuo nome è stato un percorso pacato e minimale e avere questo risultato insegna che la passione e l’inaspettato vanno mano nella mano. Non ci sarà nessuno speech, ne sono convinto. Ma, anche così, sono felice».

IL FILM «Non penso sia su una storia d’amore gay. Credo, invece, sia un racconto emotivo, l’aurora di una persona che diventa un’altra persona. Un vero e proprio momento aurorale in cui ci si trasforma. Mi piace pensare sia anche un film sul desiderio e che quindi non conosce definizione di genere. E sì, è anche un film sulla famiglia. Ho pensato potesse essere il mio primo passo verso un canone che ammiro profondamente da sempre, il canone disneyano, ovvero un certo tipo di racconto emotivo in cui il gruppo di famiglia è un luogo in cui ci si migliora. Basti pensare alla trilogia di Toy Story. Un gruppo di misfits, di gente un po’ sgarrupata che si riunisce e crea un tessuto narrativo che li rende una famiglia unica».

Timothée Chalamet, Armie Hammer e Michael Stuhlbarg in un momento di Chiamami col tuo nome.

LA FAMIGLIA «L’utopia è la pratica del possibile, quindi quel tipo di famiglia raccontata nel film esiste. Se Elio è all’aurora della sua vita, il 1983 è il tramonto di un’epoca, il cui risultato viviamo ancora oggi. Forse quella capacità di essere così aperti a livello intellettuale ed emotivo della generazione degli anni ’70 si è trasformata in una sorta di inarticolazione per cui ci sembra così strano vedere genitori con quella capacità di trasmettere il sapere emotivo ai propri figli. Questa è la vera ragione per cui ho deciso di fare questo film…».

LA REGIA «Con il tempo ho imparato che la cosa più importane è il movimento all’interno del quadro, ovvero come prende vita la scena a partire dai singoli elementi che la compongono, dall’umano che si muove nello spazio. Mi piace, insieme agli attori, dimenticare la sceneggiatura e ricominciare da capo e tessere con loro la tela della sequenza».

Ancora Timothée Chalamet e Armie Hammer, in una scena girata a Crema.

IL MONTAGGIO «Per me è la fase più importante del lavoro. Qui io e Walter Fasano, con il quale collaboro da trent’anni, abbiamo il compito di fare in modo che la tela iniziata a tessere sul set venga esaltata al massimo e si renda scintillante il lavoro degli attori, la loro verità. Inoltre abbiamo una passione comune per un certo tipo di immaginario decostruttivista. Ci piace la dissonanza più che l’assonanza e cerchiamo di creare un’armonia al suo interno».

L’ANEDDOTO «Una mia cara amica mi ha mandato un messaggio che ho letto tra una conferenza e l’altra. Mi ha ricordato che, ai tempi dell’Università, eravamo seduti sul 64, una linea di autobus di Roma, e passando davanti al Vaticano dissi ironicamente: «Credo che non diventerò mai Papa ma penso che forse una nomination agli Oscar potrei prenderla…».

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