MILANO – «L’essenziale è invisibile agli occhi», scriveva Antoine de Saint-Exupery. La scomparsa di mia madre – opera prima di Beniamo Barrese, presentata al Sundance nel 2019 e ora disponibile in digitale in esclusiva su CHILI – ne fa un insegnamento prezioso, filtrando attraverso lo schermo una delle icone più anticonformiste che possiamo ricordare: Benedetta Barzini, madre del regista che ricompare ora, dopo aver rifiutato qualsiasi tipo di visibilità. Modella evergreen, classe 1943, scrittrice e giornalista, ha sempre vissuto secondo le proprie regole, diventando una delle figure principali della moda italiana e una profonda sostenitrice della causa femminista a partire dagli anni Settanta.
Benedetta ha cominciato la sua carriera nella moda newyorkese, tra le sue frequentazioni Salvador Dalì, Duchamp, Andy Warhol e Truman Capote. Scatti memorabili, tanto fascino e mai nessun compromesso. Una diva assoluta, Barzini è però sempre rimasta con i piedi per terra, mai vanesia della sua bellezza e ancora oggi fiera delle sue imperfezioni. Con La scomparsa di mia madre, Barrese ci porta però oltre, dentro un mondo che va molto oltre la superficie del mito, in una dimensione a noi totalmente sconosciuta. L’obbiettivo? Avvicinarci a quella figura da lui mitizzata che, solo per amor suo, ha accettato di girare il film.
Così di fronte alla telecamera ecco svelarsi non solo il rapporto tra i due, ma anche un racconto, il racconto di una vita intera: la storia di una donna che sulla via della fama ha sempre rifiutato onori e lusinghe, senza mai voler essere al centro dell’attenzione. Il tutto attraverso immagini non canoniche che vanno a scontrarsi e, in qualche modo, smontano lo stereotipo di quella che può essere la vita di una top model ma che, proprio per questo, ne mostrano la bellezza più autentica. Il docu-film approfondisce inoltre l’incontro fra Barzini e Barrese, ma anche lo scontro che esiste fra i due.
Il timore del figlio per la scomparsa della madre – decisa a sparire per andare in un posto lontano – entra in conflitto con la determinazione di Barrese nel voler fare un film su Benedetta, nonostante lei non abbia mai amato farsi riprendere e svelarsi, perché convinta che nessun mezzo possa catturare l’essenza di ciò che lei è veramente. I dialoghi, i gesti, i sentimenti tra i due sono quindi le coordinate di un viaggio nella storia di una vita, che molti mitizzano ma che la protagonista vorrebbe solo lasciarsi alle spalle. Non solo, l’immagine di Benedetta finisce anche per scontrarsi frontalmente con la contemporaneità e i suoi falsi miti, schiava dell’apparire e incline ad emarginare chi non sta alle sue regole.
Lei infatti si dichiara ostile alla fotografia, al cinema, a qualsiasi tipo di immagine che distorce e immobilizza l’esperienza, qualcosa di lontano dalla vita, quella vera, quella che accade. «La vera me non è fotografabile», sostiene lei. È più forte la consapevolezza che niente – nemmeno quell’incontro tra narrazione e immagine pura che è il cinema – la possa ritrarre fino in fondo. Ma, tra l’inquietudine e la meraviglia, alla fine mentre passano i titoli di coda ci rendiamo conto che, per quanto Benedetta voglia scomparire, è proprio questo film di suo figlio ad averla resa ancora più indimenticabile ai nostri occhi. Imperdibile.
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Qui potete vedere il trailer di La scomparsa di mia madre:
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