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Tra sogno e realtà. O del perché vedere Fortuna, una favola nera con un cuore enorme

Valeria Golino e Pina Turco protagoniste di una storia dall’atmosfera onirica ispirata alla cronaca

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Una scena di Fortuna. Foto di Martina Sgamato.

ROMA – Fin dalla prima sequenza, tutto in Fortuna è pensato per confondere lo spettatore. E, fin dalla prima sequenza, tutto in Fortuna parla di cinema. Debutto al lungometraggio di Nicolangelo Gelormini, aiuto regista di Paolo Sorrentino e già su spot e corti, il film parte da un fatto di cronaca – il brutale omicidio di Fortuna Loffredo, morta a sei anni al Parco Verde di Caivano nel 2014 – per reinterpretare i fatti grazie a una libertà narrativa che solo il cinema e la letteratura possiedono. Non, dunque, una trasposizione e una ricostruzione fedele degli eventi, ma un’immersione totale nella mente e nel cuore della protagonista. Il riscatto di una bambina che non ha potuto raccontare la sua storia e che Gelormini fa rivivere in un film dalla struttura bipartita.

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Una scena di Fortuna. Foto di Gianni Fiorito

Perché nel film tutto è doppio. A partire dalla protagonista, Nancy/Fortuna, una bambina timida, chiusa in un silenzio impenetrabile, che vive con i genitori in un palazzo alveare di una periferia come tante. A seguirla, una psicologa distratta e brusca che non si cura delle ragioni dietro quel silenzio. Nancy, infatti, non si riconosce più in quel nome. Sono i suoi amici del cuore, Anna e Nicola – con cui condivide un segreto inconfessabile – a chiamarla Fortuna e a ricordarle che è una principessa di un altro pianeta, Tabbis, in attesa di tornare a casa. Deve solo fare attenzione ai Giganti che le danno la caccia…

Cristina Magnotti, Valeria Golino e Pina Turco: le tre protagoniste di Fortuna. Foto di Gianni Fiorito

Gelormini usa elementi, accennati, di fantascienza per raccontare l’indicibile, per lasciare fuori dall’inquadratura l’orrore. Nel farlo realizza una favola nera dall’atmosfera onirica in cui sogno e realtà si intrecciano e i cui confini si fondono. Se la prima parte del film è caratterizzata da colori pastello incorniciati in un formato 4:3, la seconda parte allarga l’orizzonte visivo ma si incupisce. A rappresentare queste realtà opposte due figure materne, rispettivamente Valeria Golino e Pina Turco, agli antipodi ma complementari. La scenografia di Marcella Mosca, i costumi di Alessia Condò e la fotografia di Agostino Verrucci concorrono a sottolineare questa duplicità che pervade ogni fotogramma del film.

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Una scen di Fortuna

Gelormini è abile nell’orchestrare un intreccio complesso, fatto di spazi e angolazioni che amplificano, insieme alla colonna sonora dei Golden Rain e al montaggio curato dallo stesso regista, la dimensione metafisica del film. Due atti in cui la realtà viene distorta e rimodellata dallo sguardo di una bambina che cerca di decifrare cosa le sia accaduto e farci vivere il tradimento che ha subito. E alla fine quello di Nicolangelo Gelormini è un cinema coraggioso, nella messa in scena così come nel racconto, e ci (di)mostra che un’altra via è possibile. Anche per Fortuna.

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Video intervista a Nicolangelo Gelormini, Valeria Golino e Pina Turco:

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