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Diamanti Grezzi | Netflix, la rivincita di Adam Sandler e il realismo americano

I Safdie firmano un’opera incredibile, che abbiamo visto (e amato) al New York Film Festival

Adam Sandler in un dettaglio del poster di Diamanti Grezzi (Uncut Gems)
Adam Sandler in un dettaglio del poster di Diamanti Grezzi (Uncut Gems)

NEW YORK – Per capire meglio la grandezza di Uncut Gems (in Italia su Netflix, con il titolo Diamanti Grezzi), bisogna fare un salto indietro nel tempo, spostandoci dal cinema alla pittura. Quella che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, più di tutte si è avvicinata alla fotografia, mentre la vita – o meglio, la società – si stava spostando verso la concezione urbana. Pittori come George Bellows, Robert Henri, John Sloan, in parte Edward Hopper, nelle loro opere hanno saputo ritrarre con strabiliante realtà – da qui il termine realismo americano – diapositive che avevano per soggetti persone normali in un contesto cittadino di quel particolare periodo storico, ricco di stravolgimenti culturali ed economici.

Adam Sandler è Howard Ratner in Diamanti Grezzi
Adam Sandler è Howard Ratner in Diamanti Grezzi

Allora, cosa c’entra la pittura realistica con un film spudoratamente pop come Diamanti Grezzi? Tutto, Perché se quei pittori prendevano spunto dai colori e dai suoni delle città in costruzione, i registi Josh e Benny Safdie hanno fatto la stessa cosa: immortalare in più di due ore uno spaccato preciso, folgorante e veritiero di cosa c’è dietro le gioiellerie della Midtown di New York. Niente pennelli né oli, bensì la fotografia di Darius Khondji, che ha girato il film in 35mm formato anamorfico, e la straordinaria performance di Adam Sandler, che veste i panni larghi di Howard Ratner, gioielliere ebreo, ritrovatosi invischiato in un brutto affare di debiti e con uno scottante opale nero etiope da piazzare. Intano, nella sua opulenta gioielleria vanno e vengono personalità newyorkesi di spicco: avvocati, attori, pop star, trafficanti (il)legali.

Kevin Garnett, Lakeith Stanfield e Adam Sanlder
Kevin Garnett, Lakeith Stanfield e Adam Sandler

Addirittura stelle dell’NBA, come uno stupefacente Kevin Garnett nel ruolo di se stesso, perfetto sotto canestro così come davanti la macchina da presa. Dunque, tornando al realismo, vi garantiamo che in Diamanti Grezzi ce n’è molto: i volti scelti dai fratelli Safdie (talmente bravi da essere al limite del geniale) sono davvero quelli che vi passano accanto tra la Quinta e la Sesta, le sfumature riprendono i colori di Gotham ad ottobre: il giallo del sole che gioca con il blu, il grigio e il viola dei grattacieli. La colonna sonora che alterna l’elettronico sperimentale di Oneohtrix Point Never alla musica (urbana) incessante di Manhattan: clacson, martelli pneumatici, sirene, vociare indefinito e infinito di quella folla che si accalca al semaforo tra il Radio City Music Hall e il Rockfeller Center.

Benny e Josh Safdie con Adam Sandler
Sul set di Diamanti Grezzi: Benny e Josh Safdie con Adam Sandler

Tra loro, Howard Ratner, che non stacca mai il telefonino dalle orecchie, districandosi tra famiglia, amanti, affari e strozzini. Personaggio gracchiante, fastidioso e sfrontato, eppure folgorante e drammatico, destinato ad essere a modo suo uno dei grandi classici della narrativa newyorkese, nonché la personale rivincita di Adam Sandler. Sotto di lui, pullula Midtown, quel centro città dove confluiscono gli eventi, ispirati dai racconti del padre dei registi, che aveva lavorato nel Diamond District. Infatti, la lavorazione di Diamanti Grezzi – che abbiamo visto in anteprima assoluta proprio qui a Manhattan, al New York Film Festival – è durata quasi dieci anni, fino a quando la produzione ha coinvolto Emma Tillinger Koskoff e Martin Scorsese (!) come produttori esecutivi.

Una scena di Diamanti Grezzi
Una scena di Diamanti Grezzi

Da lì, circa un mese e mezzo di riprese e la sensazione che Uncut Gems – un consiglio, vedetelo in lingua originale, lo slang newyorkese non ha un tono sbagliato – non sarebbe stato un film come gli altri (e il marketing della A24, come di consueto, ha aiutato). Poi, finalmente, la concretezza: i Safdie Brothers superano le aspettative, plasmano un cinema folle e ipnotizzante nella sua lucidità di essere realista e caotico, travolgendoci come se ci fossimo anche noi ad aspettare un verde che non scatta sulla 47th: giriamo lo sguardo ed ecco invasi dalla luce bianca di una vetrina stracolma di brillocchi, anelli e pendenti vari. Come una visione, al limite tra l’immaginazione e la tangibilità. Proprio come un quadro di George Bellows o Diamanti Grezzi di Joshua e Benjamin Safdie.

Qui potete vedere il trailer di Diamanti Grezzi:

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