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OPINIONI | Old Guy: Christoph Waltz, la vecchia scuola e l’arte (dolorosa) di restare in gioco

Un assassino alle prese con l’artrite, un prodigio da addestrare e un mondo che corre troppo in fretta.

ROMA – Un tempo bastava l’esperienza. La pazienza. Il sangue freddo. Ora servono i numeri, l’istinto, la velocità. E magari anche una certa dose di arroganza. Old Guy, diretto da Simon West e disponibile su Prime Video, mette in scena lo scontro generazionale più esplosivo di sempre: da una parte Christoph Waltz, sicario della vecchia guardia, elegante e stanco, con le mani rovinate dall’artrite. Dall’altra Silhborg, interpretato da Cooper Hoffman, un giovanissimo assassino prodigio che pensa di aver già capito tutto.

Quando Danny Dolinski (Waltz) viene congedato dall’agenzia per cui ha lavorato una vita gli viene affidato il compito più umiliante: allenare il suo sostituto. Ma Danny non ha alcuna intenzione di fare il mentore. È burbero, diretto, disilluso. E quel ragazzino è tutto ciò che detesta. Da qui parte una strana, imprevedibile alleanza fatta di battute taglienti, strani tentativi di collaborazione e missioni che sfuggono di mano (letteralmente).

Tra un’esplosione e una smorfia di dolore, Old Guy trova il suo ritmo. E anche se gioca con cliché già visti – il veterano e l’allievo, l’ultima occasione per dimostrare qualcosa – lo fa con ironia intelligente e un protagonista che vale da solo la visione. Waltz è semplicemente perfetto: alterna cinismo e umanità, rabbia e malinconia, regalando un personaggio pieno di sfumature, a metà tra John Wick e un vecchio zio che ha visto troppo. Lucy Liu, solida e affilata come sempre, aggiunge ritmo e personalità nei panni dell’handler che tiene insieme i pezzi. Il terzo atto, poi, si concede finalmente un po’ di creatività e azione ben coreografata, dando a Waltz lo spazio per tornare in scena con tutta la sua gloria (e qualche fitta al polso).

Unico rimpianto? La sceneggiatura spreca un’occasione d’oro: quella di esplorare davvero l’idea di un killer costretto a reinventarsi senza poter usare le mani. C’erano mille modi per giocare con questo limite – più cervello, meno proiettili – ma si preferisce tornare alla comfort zone delle pistole.
Nonostante questo, Old Guy resta un film godibile, ironico e per certi versi tenero. Perché dietro le armi e le battute, racconta una cosa semplice e universale: cosa significa sentirsi messi da parte. E quanto può essere potente – e liberatorio – tornare a far rumore. Anche se ti fanno male le dita.

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