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Di Catherine Frot, Catherine Deneuve e dei molti motivi per riscoprire Quello che so di lei

Aspettando Ritratto di un amore, perché non (ri)vedere il cinema dei sentimenti di Martin Provost?

Catherine Frot e Catherine Deneuve in Quello che so di lei.

MILANO – Eros e Thanatos: desiderio di vita e afflato di morte. Dualismo atavico e, in fondo, vero protagonista di Quello che so di lei, lungometraggio firmato dal francese Martin Provost che, dopo le due precedenti esperienze in costume di Sèraphine – film che ottenne ben sette premi Cèsar nel 2009, tra cui quello per il miglior film – e Violette, ha poi spostato la riflessione su un soggetto dal notevole impatto emotivo. Il titolo originale Sage femme è, tra l’altro, un brillante gioco di parole che riporta al dualismo iniziale: in francese significa sia ostetrica che donna saggia.

Catherine Deneuve e Catherine Frot in una scena di Quello che so di lei.

E Quello che so di lei (oggi lo trovate su Prime Video e Apple TV+) è un film dalle forti venature personali, in primis se pensiamo alla scelta di focalizzare l’attenzione sul mestiere della levatrice. Lo stesso Provost non fa mistero della sua riconoscenza nei confronti di un’ostetrica che gli donò il sangue al momento della nascita. Un gesto che gli consenti di venire al mondo senza ulteriori complicazioni. Da qui il sentito omaggio del regista alla sua levatrice, nel film è incarnata dal personaggio di Claire (un’ottima Catherine Frot), donna risoluta dal carattere solitario ma, al tempo stesso, dolce e comprensivo.

Un’immagine del film.

Poi c’è l’ambizione di una grandissima Catherine Deneuve di dare un’impronta più matura alla sua recitazione, senza per questo perdere l’efficacia di un tempo. Insieme alla Frot assembla una coppia di donne eccezionali, unite da un rapporto tempestoso dovuto ai difficili legami del passato che riaffiorano, sciogliendo anche il cuore degli spettatori più imperturbabili. Quello che so di lei conferma l’interesse di Provost per l’universo femminile e per la sua empatica sensibilità, e rinnova il suggerimento di affidarsi maggiormente all’esperienza umana anziché al progresso tecnologico di cui ormai siamo vittime e beneficiari.

Una scena di  Quello che so di lei.

La dialettica vita-morte si concreta nella contrapposizione lacerante che Provost mette in scena: da un lato la nascita di un bambino alla quale Claire presiede con straordinaria compartecipazione e, dall’altro, la malattia terminale di cui è vittima Bèatrice. Un cinema dei sentimenti che, tuttavia, non rinuncia a fare critica sociale del sistema medico francese, guardando anche al tessuto urbano di una Parigi lontana dalle consuete immagini da cartolina.

  • INTERVISTE | Vincent Macaigne racconta Ritratto di un Amore
  • VIDEO | Qui per il trailer del film:

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