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Vecchie guerre e nuovi mondi | Westworld 3 e la realtà schiava degli algoritmi

La serie HBO creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy torna e mette in scena un parallelo tra host e umani

Westworld 3
Westworld 3

MILANO – «Hanno reso così semplice il modo in cui hanno costruito il loro mondo. Non ci vorrà molto per far crollare tutto». La sete di vendetta di Dolores (Evan Rachel Wood), ha lasciato i parchi a tema costruiti dalla Delos e si è trasferita nel mondo reale. Riparte da un futuro non troppo lontano la terza stagione di Westworld – su Sky Atlantic in contemporanea con gli Stati Uniti dalle 3:00 del 16 marzo -, la serie HBO creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy ispirata all’omonimo film del 1973 di Michael Crichton. Un ambientazione inedita che segna (in parte) una rottura con il passato in virtù di un secondo capitolo che non aveva riscontrato il favore unanime degli spettatori. Il motivo? Una struttura narrativa fin troppo contorta, tra trame e linee temporali multiple.

Evan Rachel wood nei panni di Dolores
Evan Rachel wood nei panni di Dolores

Dei quattro episodi che abbiamo potuto vedere in anteprima, Westworld 3 si lascia alle spalle quest’approccio in virtù di una maggiore linearità, concentrandosi sull’arco narrativo di singoli personaggi che lentamente si muovono verso una trama comune. Dolores, abbandonati gli abiti da vecchio West, è a capo di una rivolta dei robot per la sottomissione del genere umano, Bernard (Jeffrey Wright) è intenzionato a tornare a Westworld per trovare il modo di fermarla, mentre Maeve (Thandie Newton) è bloccata in un nuovo parco a tema della Seconda Guerra Mondiale. Ma, nonostante il cambio di rotta adottato dalla coppia di showrunner, anche questi primi episodi (degli otto complessivi) sembrano mancare della potenza che aveva contraddistinto la prima stagione.

Un'immagine della terza stagione di Westworld 3
Un’immagine della terza stagione

Uno degli aspetti più interessanti di Westworld 3? L’introduzioni di nuovi personaggi. Il primo che ci viene presentato è Caleb Nichols (Aroon Paul), ex veterano dell’esercito con un pessimo lavoro nel settore edilizio che arrotonda grazie ad un app, Ri¢o, pensata per collegare criminali e crimini. “Make money motherfucker!” lo esorta l’applicazione sul suo telefono che intreccia il suo destino con quello di Dolores. Lei determinata a portare a compimento il suo obiettivo, lui bloccato in un mondo che sceglie per lui. «Hanno costruito il mondo come un gioco e poi lo hanno truccato per assicurarsi di aver vinto». Il mondo del futuro non è poi così diverso da Westworld. Gli esseri umani non sono poi così diversi dagli host.

Arron Paul in una scena di Westworld 3
Arron Paul in una scena di Westworld 3

Jonathan Nolan e Lisa Joy creano un parallelo tra la condizione degli androidi nei parchi e quella degli umani, proseguendo la loro riflessione su identità e autodeterminazione. Se nel vecchio West, Dolores e gli altri host erano guidati dalle narrazioni imposte dal centro di controllo dei parchi, nel mondo del futuro sono i dati e gli algoritmi a determinare le vite delle persone. Un rimando neanche troppo velato al nostro presente sempre più influenzato – dal film da vedere o dalla playlist da ascoltare – da ciò che decide l’algoritmo di turno per noi. Uno show imperfetto capace però di osservare la società in cui viviamo per spingerci a riflettere sulla nostra realtà sempre più determinata da fili invisibili che ci guidano anche nelle scelte, apparentemente, più insignificanti.

Qui potete vedere il trailer di Westworld 3:

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