ROMA – «Essere ciechi a problemi e sofferenze equivale a negarne l’esistenza. Che però permane. Questa è una storia sulla morte dei sogni. Sull’amore perduto». Sono le parole che Azar Nafisi (Golshifteh Farahani è splendida e incredibilmente efficace nel mostrarne dolcezza e testardaggine), giovane docente universitaria a Teheran, impersonando il celebre testo di Francis Ford Fitzgerald, Il grande Gatsby, sceglie accuratamente, in un fantomatico processo alle intenzioni della letteratura, svolto non all’interno di un’aula di tribunale, bensì di università. Con tanto di ruolo accusatorio e difensivo, che vede contrapposti tra loro in maniera drastica e totale, gli uomini (conservatori e bigotti), dalle donne (progressiste e affamate di libertà).
Un frammento decisivo questo, proprio come le parole di Azar Nafisi, che impeccabilmente definiscono in due righe, non soltanto il cuore di un’opera densa e stratificata come Il grande Gatsby, ma anche il film stesso. Per questo non è possibile far altro che annuire e dire che è vero, Leggere Lolita a Teheran di Eran Riklis, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo biografico d’enorme fama di Azar Nafisi, non è altro che un racconto sulla morte dei sogni e sull’amore perduto. Quello per la letteratura, intesa nella sua accezione più profonda e radicale. Quello per le donne, che sono da proteggere sì, ma non da nascondere e opportunamente da mettere a tacere, o addirittura tortura e uccidere. E ancora sui sogni svaniti, la cui assenza non è causata banalmente da una privazione del sonno, bensì da una privazione totale d’opinione, di sguardo sul mondo, sulla verità e ancora una volta sull’amore, che inevitabilmente è cosa politica, perciò del popolo e non di pochi “eletti da un vecchio signore barbuto”.
La verità nel corso del film, al pari della letteratura, elemento apparentemente centrale, eppure di fondo, o se non altro fortemente metaforico – poiché attraverso di essa, ci è concesso da tempo esprimere noi stessi, dunque le nostre intenzioni, i nostri difetti, desideri e così le paure e gli amori -, è qualcosa che deve restare celato, divenendo addirittura un taboo, pena la morte. Così tutti sanno, osservano, eppure tacciono. Ma non per questo la verità necessariamente perde di importanza, al contrario, la acquista. Specie se compresa e in mano alle donne, quelle del club del libro, le ribelli, coraggiosamente riunite e guidate da Azar Nafisi. Non c’è gossip tra quelle fragili e pericolose pareti, piuttosto necessità di un altrove e di una libertà, che Teheran, nonostante l’incessante trascorrere del tempo e l’avvicendarsi di una politica sempre uguale e fine a sé stessa, non può in alcun modo offrire. Né allora, né mai.
Ecco dunque che i romanzi occidentali censurati dal regime e messi in salvo da Nafisi e dalle impavide e colte studentesse affamate di cultura e riformismo e ancor più semplicemente d’amore, quello vero e libero, non il solito, espresso attraverso la violenza, la manipolazione, la tirannia e il sadico controllo, strutturano un film dagli esiti imprevisti. Un film necessario, capace di riflettere con estrema lucidità e spietatezza sulle conseguenze della ribellione – la sequenza del carcere ed i suoi flashback ne sono esempi perfetti – e con altrettanta dolcezza e umanità sul ritrovarsi grazie all’ascolto, allo sguardo e alla letteratura. In questo senso incredibilmente bello e significativo, ciò che lega Nafisi, al magician interpretato da Shahbaz Noshir. Vorremmo tutti aver qualcuno come lui all’altro capo della linea telefonica, capace con il singolo passaggio di un romanzo, classico o moderno che sia, di riflettere e fotografare il presente, nella sua bellezza e nella sua crudeltà.
Leggere Lolita a Teheran è un sorprendente, doveroso e memorabile esempio di cinema politico e femminista, poiché è tale ancor prima d’essere cinema di denuncia sociale. Talvolta lo dimentichiamo, ma il ruolo dei film è anche questo, ricordarci ora e per sempre che l’amore e la letteratura, così come i diritti umani, sono cosa politica, sono parole da gridare forte, manifesti da innalzare e protagonisti, se non addirittura anime, delle nostre vite e della nostra fame di crescita, cambiamento e libertà. Nessuno escluso, fatta eccezione per chi ancora vuol restare cieco e sordo, ma è certo, quel qualcuno un giorno sparirà. Nel frattempo non smettiamo di leggere, non smettiamo di amare. La vita è possibile, anche se spesso pericolosa. Ma è un pericolo per il quale vale la pena di combattere e instancabilmente ribellarsi. Dal 21 novembre al cinema con Filmclub Distribuzione in collaborazione con Minerva Pictures
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